Sul campo
Variante Delta? Ecco come funziona negli aeroporti italiani: pessime notizie, rischiamo un boom di contagi
La questione non interessa tanto chi se ne va. Il problema è piuttosto di chi arriva o fa ritorno. Per questi ultimi, nessuno ha previsto un controllo a tappeto. Se può far comodo a qualsiasi viaggiatore prender su il bagaglio ed evitare altre attese, controlli ed estenuanti code, non è quello che ci si aspetterebbe dopo mesi di controlli serrati su tutto. Alla pandemia, d'altronde, come nessuna istituzione si stanca di ripetere, non abbiamo ancora detto addio. Stiamo parlando dei controlli sul Green Pass, i certificati Covid-19 europei, in vigore dal primo luglio, che dovrebbero facilitare gli spostamenti all'interno dell'Unione europea.
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Il certificato digitale Covid-19 attesta, infatti, la vaccinazione, la guarigione dal Covid, oppure la negatività dopo un tampone molecolare o antigenico, ed è rilasciato dai 27 Paesi membri. Come scritto in premessa, i controlli sul possesso del Green Pass in aeroporto, per chi è in partenza dall'Italia verso altri paesi europei, ci sono. E sembrerebbero pure certosini. In questa prima settimana, le code agli aeroporti sono aumentate: non c'è quotidiano che non riporti lunghe file, attese e persino storie di chi, fermo al check-in, ha poi perso il volo. La stessa accortezza, a quanto pare, non viene adottata per gli arrivi in aeroporto. Non a tutti i viaggiatori viene chiesto di mostrare il Green Pass, una volta messo piede nel nostro Paese. Dagli aeroporti arriva una risposta netta sulla questione: «Non è un nostro compito».
CONFLITTO ISTITUZIONALE
Come ci hanno spiegato dalla Sea, la società che gestisce il sistema aeroportuale milanese, infatti, i controlli sul Green Pass e sul rispetto delle normative anti Covid non spetterebbero agli aeroporti, ma alle compagnie aeree. Sarebbero loro a dover verificare che i viaggiatori siano in possesso del certificato: gli aeroporti non avrebbero nemmeno il potere di verificare che le compagnie facciano il loro dovere in tal senso. A deciderlo è stato il Ministero e dunque tutti fermi. Ma a quanto pare non tutta la colpa può essere addossata alle compagnie.
Abbiamo contattato Alitalia in merito. Ci hanno confermato il gravoso impegno in capo alle compagnie, portato avanti già dalla settimana appena trascorsa, per i controlli sui Green Pass alle partenze. Ma per gli arrivi è un'altra storia: verificare il possesso dei certificati Covid-19 europei di chi atterra in Italia non rientrerebbe nemmeno tra i loro poteri. Dunque, chi li controlla? Il compito, pare, spetterebbe alle forze dell'ordine, che però non hanno il dovere di richiedere il Green Pass a ogni passeggero. Vengono effettuati controlli a campione. Sono diversi quindi i viaggiatori a cui non verrebbe chiesto di mostrare il certificato una volta arrivato sul suolo italiano. Solo chi, casualmente, viene fermato dagli agenti in aeroporto deve dimostrare di essere in possesso del Green Pass. E questo sembra essere, dopo la prima settimana di rodaggio, solo uno dei problemi del certificato Covid. Da tutti gli aeroporti sono già arrivati reclami e richieste di aggiustare il tiro.
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TEMPI LUNGHI
Il Consiglio Internazionale Aeroporti in una lettera rivolta ai primi ministri di tutta Europa ha evidenziato il nodo dei controlli. «I certificati digitali sono progettati per mostrare, tramite codici QR, se i passeggeri sono completamente vaccinati, hanno l'immunità dovuta al recente recupero da Covid-19 o hanno avuto un test negativo. Il punto è che richiedono controlli aggiuntivi e l'attrezzatura giusta per leggere i codici». Le verifiche, in molti aeroporti europei, sono ancora effettuate manualmente con la conseguenza del raddoppio dei tempi.
L'Organizzazione internazionale di compagnie aeree IATA ha denunciato: «Ai valori attuali di traffico, ancora lontani da quelli pre-Covid, i passeggeri stanno perdendo in media un'ora e mezza in più in aeroporto, cioè il doppio del solito. Quando i flussi torneranno al 75% dei livelli del 2019, il tempo richiesto dall'ingresso al terminal fino all'imbarco può toccare le 6 ore soprattutto per i controlli sanitari richiesti ai banconi dell'accettazione o ai controlli di frontiera. Agli stessi volumi del 2019, invece, si raggiungerebbero le 8 ore».