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Funivia Stresa Mottarone, i cavi cambiati l'ultima volta 23 anni fa: come e perché sono morte 24 persone
"Hanno ammesso", ha riferito il tenente colonnello Alberto Cicognani, comandante provinciale dei Carabinieri di Verbania. Il freno d'emergenza non è stato attivato volontariamente, ha confermato l'ufficiale dell'Arma ai microfoni di Buongiorno Regione, su Radio 3. "C'erano malfunzionamenti nella funivia, è stata chiamata la manutenzione, che non ha risolto il problema o lo ha risolto solo in parte. Per evitare ulteriori interruzioni del servizio, hanno scelto di lasciare la 'forchetta', che impedisce al freno d'emergenza di entrare in funzione" ha spiegato Cicognani. La svolta nelle indagini sulla tragedia della funivia Stresa-Mottarone è arrivata a notte fonda. Sono tre le persone arrestate e che in queste ore vengono interrogate dagli inquirenti: Luigi Nerini, amministratore della società Ferrovie del Mottarone che gestisce la funivia, Gabriele Tadini, direttore del servizio ed Enrico Perocchio, caposervizio.
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I tre sono stati portati in carcere a Verbania e dovranno rispondere alle ipotesi di reato di "omicidio colposo plurimo", "disastro colposo", "rimozione degli strumenti atti a prevenire gli infortuni aggravati dal disastro e lesioni gravissime". Secondo l'accusa, il sistema d'emergenza sarebbe stato manomesso per evitare di interrompere il servizio in una giornata propizia all'afflusso di turisti. Secondo l'ipotesi lasciata trapelare da La Stampa, la fune si sarebbe spezzata a causa dell'usura ambientale del cavo, esposto a continua umidità e a basse temperature. Inoltre, le funi non venivano sostituite dal 1998, insomma dalla bellezza di 23 anni. Durante i lavori di rifacimento dell'impianto nel 2014, venne approfittato di una norma europea che allungava l'obbligo di ricambio delle funi di 10 anni (la normativa italiana prevede la sostituzione dopo massimo 20 anni di attività).
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Secondo Donato Firrao, docente del Politecnico di Torino, la causa scatenante della rottura della fune sarebbe proprio l'usura. L'umidità raccolta dalle funi nelle ore più fredde si condensa e si insinua tra i trefoli (i fili intrecciati su un'anima di metallo flessibile) e raggiunge il centro. Dove, con il passare del tempo, corrodono. Più o meno è una dinamica per molti versi analoga a quella che ha portato al crollo del Ponte Morandi di Genova.
Un'altra teoria riguarderebbe il tempo meteorologico della giornata precedente al crollo della cabina. Secondo i tecnici, un fulmine potrebbe aver colpito il cavo, fondendo alcuni trefoli, indebolendo il cavo a tal punto da causare la sua rottura dopo una mattinata di viaggi. L'ultima ipotesi riguarda un difetto a una puleggia, che potrebbe aver danneggiato la fune trainante. Indebolendola ad ogni passaggio, la puleggia avrebbe tagliato di netto la fune, facendo precipitare indietro la cabina che, senza freni d'emergenza attivati, è prima finita contro un pilone ed è poi precipitata al suolo per 30 metri. La Procura di Verbania è in continuo contatto con il Politecnico di Torino per stabilire le esatte dinamiche della disgrazia. Le indagini sembrano però chiarire sempre di più le circostanze.