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Enna, il prete arrestato: "Violenze sessuali sui ragazzini che gli affidavano"

Tiziana Lapelosa

È stato quando ha saputo che il don che gli ha segnato l'esistenza era tornato nella sua città, Enna. Era l'estate dell'anno scorso. Quelle mani scivolate addosso, quell'ansimare che preannuncia il peggio e quella forza per bloccare la preda e abusarne, li avrà immaginati addosso ad altri adolescenti, in una replica infinita. Così come era successo a lui. La prima volta quando aveva sedici anni. Era il 2009. L'ultima quando ne aveva 20 ed era il 2013. Sarà stato il timore che altri ragazzi come lui potessero essere marchiati a vita da quel sacerdote votato a Cristo ma con l'anima venduta al diavolo a fargli prendere la decisione più sofferta della sua vita. Don Giuseppe Rugolo: si era da poco trasferito a Comacchio (Ferrara) Così don Giuseppe Rugolo, 40 anni, è stato arrestato, a Ferrara, dove ora è ai domiciliari. Violenza sessuale e abusi su minori che modeste e umili famiglie affidavano a lui per istruirli e avviarli al credo cattolico, è l'accusa al don mossa dalla procura di Enna. E se è successo è soltanto perché il ragazzo abusato, che oggi ha 27 anni, a dicembre dell'anno scorso ha deciso di denunciare l'inferno iniziato dall'abuso psicologico poi diventato fisico. Ci sono le prove, dicono gli inquirenti, documenti, chat, sms che confermano l'operato del prete della diocesi di Piazza Armerina. Prove alle quali si è arrivati grazie alle indagini della squadra mobile di Enna che, con gli uomini della polizia postale, hanno "spiato" nel cellulare del religioso con l'attività "extra" iniziata quando ancora vestiva i panni da seminarista. E che, nominato prete, quando le cose hanno iniziato a girare male, ai fedeli ha detto che si sarebbe trasferito al Nord, a Ferrara, per motivi di salute.

 

 

 

Una decisione non sua, ma frutto della Diocesi di Enna, alla quale la vittima si era rivolta per fare luce su quegli incontri affatto sacri. In cambio, dicono i suoi legali, gli sono stati offerti 25mila euro, mentre il Tribunale ecclesiastico chiudeva il procedimento a carico di don Giuseppe per "difetto di competenza". Gli abusi, in pratica, sarebbero avvenuti quando il don era seminarista e senza mai ascoltarlo se non attraverso una dichiarazione resa al vescovo Don Rosario Gisana, che oggi esprime «vicinanza alla comunità ecclesiale di Enna», assicura di pregare «per le presunte vittime» e dice di confidare nella magistratura. La vittima aveva pure scritto a Papa Francesco per evitare che l'orrore si ripetesse. Ma niente.

 

 

 

La procura parla di «un riscontro dell'attività investigativa, a conferma della piena genuinità dei fatti denunciati» dalla vittima. Fatti che si accompagnano ad altri abusi, nei confronti di due minori, quando don Rugolo si vestiva da prete. E il timore è che possano non essere gli unici casi dal momento che il 40enne, con il suo fare amichevole e con la gestione di una associazione nei cui locali sarebbero avvenuti gli abusi, era molto seguito. Le famiglie si fidavano di lui con un volto che non tradiva misteri. «Quanti non lo sappiamo», dice il procuratore Massimo Palmeri, «pensiamo che possano esserci, e quasi certamente ci saranno, altre vittime di queste condotte reiterate nel tempo, iniziate quando i tre erano ancora minorenni e andate avanti a lungo». E invita, chi non l'ha fatto, a farsi coraggio e a parlare, a denunciare. «La mia dolorosa storia sia la testimonianza che anche dopo dodici anni dalle violenze si può denunciare», le parole della vittima che nelle forze dell'ordine ha trovato la fiducia tanto cercata. Quindi, l'appello: «Invito chi ha subito abusi a denunciare, un atto che impone coraggio, ma che ti rimette in pace con te stesso».