L'inchiesta/3 Viaggio nel capoluogo ligure
Inps, a Genova si rivendono gli appartamenti e si guadagna il 40%
Dall’inviato a Genova
Il quartiere Castelletto è un groviglio di budelli a senso unico, di numeri civici messi a capocchia, di abitazioni che si arrampicano a strati su pendenze impossibili, tra il cinguettio dei passeri e in un silenzio innaturale. Regala al visitatore “quella faccia un po’ così/quell’espressione un po’ così” di noi che abbiamo visto Genova, cantava Paolo Conte.
Ed è per via della fatica e dell’aria paonazza per arrivare quassù, che quasi non ti accorgi degli sprechi immobiliari dell’Inps incastrati in questa cartolina. Eppure, per dire, in via Cancelliere 48/49, tra 22 abitazioni sulla carta “non utilizzate”, si notano due appartamenti signorili di 82 metriquadri venduti agli inquilini a 155mila euro, che oggi possono venire rivenduti al 30-40% in più. Ci si fa la cresta che è una meraviglia. “Vende 6 vani e ampio terrazzo vista mare”: il cartello è affisso nell’androne anni 70 (accanto a un altro che stabilisce gli orari della caldaia ad uso “ridotto”, siamo pur sempre a Genova). “Queste case sono ambite: il porto è a due minuti grazie alla funivia, e due ascensori portano nei vicoli” mi spiega un’inquilina. Qui tutto è inclinato, dalle auto parcheggiate, agli alberi, ai pensieri. E’ inclinato anche l’altro stabile Inps, in via Ausonia 11, a poche curve in linea d’aria, sempre aggrappato alla collina, ad un incrocio dove pascolano liberi gli ausiliari della sosta a caccia di multe. Il palazzo è malmesso, mostra finestre smangiucchiate da incuria e salsedine. All’atto catastale 2019 risultano 18 appartamenti inutilizzati; quelli che ci abitano pagano 2583 euro. All’anno. Gli immobili del Castelletto sono una delle tante spie del fallimento delle cartolarizzazioni e delle vendite all’asta dell’Inps. Fino meno d’una decina di anni il danno in lucro cessante, qui, era calcolato in un’ottantina di milioni. Ma almeno il tessuto sociale ha retto.
Se, in un percorso di Santiago immobiliare, scendete alle pendici del quartiere Albano, costeggiate la spianata dell’Acquasola, la Stazione centrale e l’Università, arriverete in corso Gastaldi 15: un casermone Inps costruito sopra un portico con affaccio sulla spianata dei binari morti delle Ferrovie e i pini delle Madonna del Monte. Il panorama è di un grigiore inarrivabile: Pasolini che incontra Ozpetek depresso. “Qui, pensi, un tempo, con le sedi di Irel e Saiwa, c’era una vita pazzesca. C’erano tre macellai, negozi di elettrodomestici a sei vetrine, fruttivendoli, bar, e un posto di quelli dove si compravano dei corredi a rate, sa”, mi dice la signora Luciana, emozionata, che qui ci è nata e probabilmente ci morirà. La sua nostalgia contrasta col paesaggio. Ora il portico è una cappa di tristezza: tutto chiuso, si notano solo un’autoscuola con neon da casa di tolleranza, un negozio di fumetti e uno showroom di tappeti che ha mantenuto l’insegna del precedente negozio di articoli sportivi (siamo pur sempre a Genova). La crisi ha deprezzato tutto. Sulla carta sono ancora 17 gli appartamenti inutilizzati, e gli affittuari pagano da 2995 euro a 4794 annui. Anche qui si ripresenta il fenomeno della cresta, con parte degli appartamenti dello Stato venduti a prezzi irrisori agli inquilini (5 vani a 50mila euro trattabili, con lo sconto del 30%); i quali li rivendono a prezzo maggiorato. Lo si nota vari cartelli affissi dove un tempo si allocava il portiere: “Appartamento con giardino ottima disposizione”, “75mq con balcone esposto sul verde”, “vendesi 6 vani”.
Un’atmosfera simile si respira spostandosi a levante, direzione Nervi. C’è un altro blocco Inps un po’ delabrè in Corso Europa, ai numeri 345 e 343: due stabili dirimpettai, di fronte a livido terrazzone sormontato dall’insegna di un “compro oro”. Corso Europa è un’arteria affaticata del corpaccione della città; è larghissima, trafficata e rumorosa. “C’è di buono che qui hai tutto, servizi, scuole, macellai (i macellai a Genova probabilmente stanno nel paniere Istat), un tram e cinque minuti sei in centro” mi racconta un condomino che non osa far uscire il cane. Ma noto anche un distributore di benzina chiuso e un sexy shop aperto, perfino un campetto di baseball; il tutto soffocato da un afrore, un mix di gas di scappamento, polvere di ferro e minestrone. Gli inquilini stanno acquistando all’asta l’immobile, mentre pagano affitti miserrimi -anche qui- da 2995 a 3633 euro all’anno. Attraverso via Isonzo e via Sturla, e arrivo al quartiere Boccadasse, di cui via Caprera è strada fastosa, tranne al civico 11 adagiato all’interno e sormontato da posti auto bloccati da catene arrugginite. Il palazzo Inps è mezzo disabitato con 13 appartamenti messi all’asta andata a vuoto “Siamo in completo abbandono, abbiamo perfino scritto all’Inps per rifare la facciata e il tetto dato che ci piove dentro. Ma lei li hai mai sentiti quelli?”, sospira la signora Luciana che occupa l’appartamento della suocera. Affitti da 4670 euro. La Luciana potrebbe essere la mamma del presidente dell’Inps Tridico. Da lì mi infilo di nuovo ad Albano, il cuore chic della città dove svettano due casi-cult dell’inerzia immobiliare dell’ente. Uno è il palazzaccio di via Livorno 12, vicino la chiesa di Santa Teresa fra orti spettacolari, giardini, scuole della borghesia. Lo chiamano “il condominio degli orrori”, e la differenza col gemello civico 10 si nota tutta: balconi pericolanti, mura scrostate, muffa che colora i muri su cui svolazzano panni stesi, l’ascensore che si allaga, l’acqua potabile persa nel muschio. “E’ stato lasciato a sé stesso, abbandonato all’autogestione dei pochi condomini”, mi dice un signore con busta della spesa in mano. Su 24 appartamenti, 12 sono vuoti (ma i termosifoni vanno a palla), gli altri in attesa dell’asta. Molti i subaffitti non ufficiali. Chiedo al signore se abita lì, “diciamo di sì” mi risponde. Diciamo di sì.
L’altro caso che sfregia il quartiere (simile a quello del mitico “castello” di corso Italia 30, 16 appartamenti e 18 pertinenze sfitte) è il “palazzo di pregio” di “viale Francesco Causa, benefattore”. Benefattore non a caso. Infatti, al civico 4 lo stabile stile Liberty è maestoso, se ne sta in un viale alberato che ricorda le sciccose vie romane dei Parioli. Davanti c’è il Politecnico, accanto il Conservatorio. Ma l’abbandono sta nei dettagli: il portone manca di un battacchio bronzeo a forma di demone medievale; i balconi sono avvolti nel cellophane perché ogni tanto si stacca un pezzo; sul marciapiede le transenne circondano le buche. I piani sono vuoti; conto una decina di appartamenti deserti e venticinque tra garage, cantine, solai. Qua, l’affitto è -si fa per dire- tra i più alti da 12394 a 16515 euro.
Voglio vedere il mare. C’è un palazzo Inps abbandonato anche lì, in via Acerbi 2, zona Quarto dei Mille: è bruttarello, sdraiato su una salita, tra decine di runners improvvisati, vicino alla stazione. Panni stesi, persiane rotte e scassate, appartamenti anneriti dalla muffa, cancelli arrugginiti. Il tutto per un affitto che varia da 2620 a 4080 euro, metrature che superano i 100 mq. “E’ il palazzone che quando ero bambino mi coprì la visuale sul treno che passava e sul mare” mi fa un marinaio dall’aria salmastra con cammina su un bastone dall’elsa argentata “lei dice che dovrebbe esserci una ventina di appartamenti sfitti? Ma com’è che sul citofono vedo un sacco di nomi, e c’è gente che va e viene da anni?”. Ogni volta che arrivo in una casa Inps, me ne segnalano un’altra: via Bovio, via Traverso, via Salgari, ecc.
Con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così…