Alberto Genovese, la fotomodella Giulia Napolitano: "Le ragazze alle sue feste? A caccia di droghe, soldi e viaggi"
Lo sterile moralismo ed il becero riduzionismo che dominano l'Italia non cessano di riempire diversi format tv. Domenica sera a Non è l'arena, programma condotto da Massimo Giletti, si è affrontato il caso di Alberto Genovese, ma il problema è anche il come è stato affrontato. Sembra che talune persone o esperti del caso abbiano in mente un disco rotto che ripete «lo stupro è sempre stupro e non ha attenuanti». Che lo stupro faccia rabbrividire, orrore, lo sosterrò sempre. Ma per dire questo, cronometro alla mano ci vogliono non più di 10 secondi, eppure c'è chi per dirlo prende spazi ben più ampi, forse condotto dal proprio ego smisurato (o io freudiano) e narcisismo dilagante. Dobbiamo accendere i fari su ciò che c'è dietro e su che tipo di vita viene condotta in un determinato ambiente. È assurdo che ciò non si faccia a tutto tondo, e Massimo Giletti ha provato a farlo con Giulia Napolitano, 21 anni, modella di nudo artistico che sa che mondo c'è dietro perché lo ha vissuto in prima persona.
Giulia, tu sei stata ad una festa di Alberto Genovese?
«Si, l'inverno scorso, ma una sola volta per circa un'ora. Alloggiavo da una mia amica di Milano che faceva la fotomodella, come me. Lei ha insistito per andare perché c'era la droga, me lo ha chiesto esplicitamente e non voleva andare da sola».
La tua amica come è venuta a conoscenza della festa? E che cosa si aspettava dalla serata?
«Non lo so, ma credo che lei già conoscesse Alberto, e sapeva che lì avrebbe consumato droga gratis, essendo lei una consumatrice incallita di cocaina. Ma in questi ambienti non trovi solo cocaina, trovi molti altri tipi di droghe. Lo so perché li frequento, ma non mi drogo assolutamente».
Che scenario ti si è presentato davanti?
«Ho dato il cellulare e la borsa come fanno in tutte le feste private perché richiedono estrema privacy, poi siamo salite dal 6° al 7° piano con la scala e ci siamo ritrovati nel salone dove c'erano una trentina di persona e Alberto».
Ma non scatta dentro di te il campanello d'allarme nel momento in cui ti chiedono di consegnare il telefono? Perché rimani lì?
«Certo! Quando andavo a lavorare come ragazza immagine ad altre feste mi portavo un telefono di quelli piccoli che nascondevo negli stivali, nel reggiseno o altrove. In quel momento però non ho avuto modo di fare lo stesso perché non prevedevo una festa del genere e non avevo portato il telefono di scorta a Milano».
Tornando indietro consegneresti quel telefono?
«Tornando indietro non andrei proprio a quella festa. Ho smesso di fare la ragazza immagine, ho 21 anni e ora poso come modella di nudo artistico (non integrale) perché ne ho viste troppe».
Che tipo di ambiente era?
«L'ambiente che ho trovato in quella casa (almeno quella unica volta in cui ci sono stata) è molto meglio di tanti altri che ho frequentato. Ci sono uomini abbastanza giovani e ragazze bellissime, tanta droga nei piatti e musica. Non voglio dire assolutamente che sia un bell'ambiente, ma sicuramente non peggio di altri».
Allora perché andarci?
«La mia amica per tutta l'ora ha fatto uso di droga volontariamente, la cercava desiderosamente, perché la droga costa tanto e queste feste sono per loro l'occasione migliore per farsi».
Mi stai dicendo che non erano costrette a drogarsi?
«Ma assolutamente no! Quello che non ha ancora capito la gente è che la droga è un obiettivo per tantissime ragazze, ed in questo ambiente trovarla è facilissimo. Dalla Sardegna a Roma o Milano, di droga ce ne è tantissima ed è il vero centro del problema».
Perché dici che se tu parlassi rischieresti molto? Mi sembra una frase un po' forte...
«Perché ho visto tantissimi potenti, persone importanti e influenti che non sarebbero contente che si sapesse che cosa fanno nella loro vita privata, non ne uscirebbero bene, credimi».
Cosa vuol dire fare la ragazza immagine?
«Mi posizionavano ai tavoli e mi dicevano di andare a parlare con questa o quell'altra persona per far sì che si trovassero a proprio agio e che quindi dopo aver bevuto un po' si appartassero con un'altra ragazza. Dovevo parlare, ballare, fare conversazione, ma quando si arrivava al dunque mi defilavo, non ho mai preso in considerazione l'idea di prostituirmi, nonostante si guadagni tanto e a fine mese non si hanno problemi con l'affitto».
Hai conosciuto altre ragazze che frequentavano le feste di Alberto Genovese?
«Sì. Queste ragazze cercano la droga, lo sballo totale, le vacanze nei posti esclusivi e i soldi, regali, divertimento. Le ragazze non spendevano un centesimo quando andavano con lui ad Ibiza o in altre location e ti assicuro che facevano a gara per esserci. Stiamo parlando di location super ambite in cui hanno tutto ciò che vogliono, tra pranzi e cene, personaggi che tornano utili per la carriera nel mondo dello spettacolo e i soldi, principale obiettivo. In cima metterei droga e soldi».
Di che cifre stai parlando?
«Sono macchine da soldi. La prestazione minore è di 500 euro, ma poi dipende, ci sono alcune ragazze che vanno ad ore, altre scelgono in base a quale parte del corpo cedono. Poi c'è una contrattazione, a seconda di quanti uomini sono o delle richieste che vengono fatte. Guadagnano tantissimo, e spesso quei soldi li usano per comprare altra droga quando non ci sono feste».
Che età hanno queste ragazze?
«Hanno quasi tutte 18-20 anni, massimo 23 anni e raramente qualcuna sulla trentina».
Ma tu non hai mai provato a farle desistere o ragionare?
«Si, ma era inutile e spesso mi beccavo degli insulti perché mi dicevano che non ero la loro madre».
E tua madre cosa dice del tuo lavoro?
«Lei si è sempre fidata di me, ma non era tranquilla quando sapeva che andavo in determinati ambienti. Ad ogni festa la avvisavo con il mio telefono nascosto, le mandavo un sms dal bagno con scritto "tutto ok"».
Non basta fidarsi della propria figlia, bisogna essere tranquilli su chi c'è intorno...
«Certo. Io però non ho mai bevuto dal bicchiere di nessuno, ho sempre cercato di prendere tutte le precauzioni perché temevo mi potessero mettere qualcosa nel bicchiere. Ho visto ragazze bere da qualsiasi bicchiere, mi rispondevano "beh meglio". Amano la droga, vogliono lo sballo e non si tirano indietro, l'ho visto con i miei occhi».
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