Il caso
Coronavirus, Walter Riccardi e il "lockdown misura di cieca disperazione"? L'esperto non smentisce, si apre una battaglia legale
"Alla fine si è dovuto ricorrere al lockdown, misura di cieca disperazione", c'era scritto in quel testo, recuperato dal Comitato dei familiari delle vittime. Così Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute Roberto Speranza, professore di Igiene all'università Cattolica, prova a spiegare sul Corriere della sera le misure prese dal Governo nel marzo scorso. "Nessuno al mondo era preparato, noi siamo stati i primi e abbiamo fatto il possibile prima per contenere. Poi, quando abbiamo capito che non era possibile, abbiamo dovuto mitigare".
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Riccardi chiarisce quel contestato passaggio dell'articolo del 2 aprile scorso, citato in una nota del rapporto pubblicato dall'Oms il 13 maggio. Il testo, cui si riferisce la nota 64 del report, si intitola "Quello che gli altri Paesi possono imparare dall'Italia durante la pandemia", ed è siglato, oltre che da Ricciardi, da altri due studiosi, Stefania Boccia e John P.A. Iannidis. Secondo l'avvocato del Comitato famigliari della vittime Consuelo Locati si tratta di un "atto di accusa" poiché scrivere ad aprile che il lockdown era una misura cieca attribuiva "responsabilità a chi aveva l'obbligo normativo di intervenire e gestire il tracciamento e prima ancora il reperimento di reagenti per effettuare i tamponi sui cittadini".
Per Riccardi che non smentisce invece quella del legale è una "forzatura giuridica" perché "nel momento in cui non hai altri strumenti, è evidente che non puoi non attuare quel tipo di strategia". Spiega poi che in un momento di confusione e strategie confuse in cui era "difficile prevedere gli effetti sull'andamento dell'epidemia" e "nessuno al mondo era preparato, noi siamo stati i primi e abbiamo fatto il possibile prima per contenere. Poi, quando abbiamo capito che non era possibile, abbiamo dovuto mitigare. E anche in questo siamo stati i primi al mondo. Il nostro modello decisionale è oggi citato come esempio positivo"
E ora? Le mascherine in strada aiutano? "Sì, ma sono sempre una forma di contenimento. Come anche la limitazione oraria di alcune attività. Se non funzionano, si passa alle misure di mitigazione". Ovvero? "La zona rossa: chiudere un palazzo, un quartiere, un paese. Sono misure estreme. Ma ora non ci sono le condizioni, e dobbiamo fare di tutto perché non si verifichino".