In ginocchio

Insieme Uniti: #iononriapro, il 4 maggio a Roma imprenditori e liberi professionisti contro il Governo

Giuliana Covella

Il loro hashtag è #iononriapro. Perché rientrano in tutte quelle categorie che alla vigilia della cosiddetta fase 2 non vedranno cambiata la loro già precaria situazione lavorativa. Sono gli esponenti di Insieme Uniti, movimento apartitico e apolitico che il 4 maggio scenderà in piazza a Roma per chiedere al Governo soluzioni concrete. In un clima di incertezze e preoccupazione, in cui neanche quanto stabilito dai continui Decreti emanati dal Governo Conte diventa concreto, Insieme Uniti riunisce imprenditori della ristorazione, dell’eventistica, della balneazione, delle discoteche, dello spettacolo ma anche liberi professionisti con Partita Iva . «Non ci sono ancora disposizioni chiare su come avverranno le riaperture - si legge in una nota - una totale mancanza di comunicazione da parte del Governo indebolisce psicologicamente ogni imprenditore che non riesce a vedere la luce alla fine di un tunnel, che sta durando ormai da troppo tempo. E, nel clima attuale, nessun imprenditore della capitale rialzerà la saracinesca, con evidenti e pericolose conseguenze sociali: milioni di disoccupati, economia ferma, tasse di ogni genere inevase». Per i sostenitori del movimento «esiste solo una strada per uscire da questo massacro: se il Governo vuole aiutare piccole e micro imprese deve adottare strumenti reali di sostegno, dai contributi a fondo perduto ai prestiti a interessi zero della durata di almeno 15/20 anni, senza escludere una moratoria fiscale che potrebbe consentire ulteriore recupero di risorse da reinvestire». Tante le voci di coloro che manifesteranno a Roma il prossimo 4 maggio. Tra questi Alberto Gargano, titolare di Dada Umpa Beach Club e di Eurcity: «Con la stagione balneare ormai prossima non abbiamo ancora nessuna indicazione su quello che sarà il nostro futuro. Si parla di distanziamento sociale, di gabbie di plexiglas, di pasti da consumare in massimo 25 minuti e a distanza dai propri amici e dai propri affetti: di fatto lo spirito goliardico di una gita al mare, che da sempre contraddistingue il popolo italiano, diverrebbe una sorta di “lager” per pochi intimi. Impossibile pensare di affrontare tutte le spese di una stagione balneare in queste condizioni. Il “popolo” dei lavoratori stagionali sarà penalizzato in modo drastico e noi imprenditori non potremo garantire il corretto svolgimento della stagione». «Insieme ai miei soci Giovanni Nerini e Andrea Laurenza, abbiamo aperto 4 ristoranti nel giro di tre anni con tanti sacrifici e prima del Coronavirus stavamo programmando aperture in altre città – spiega Alessio Di Cosimo, titolare dei ristoranti “Polpetta” di Roma –  Ora senza nessun aiuto da parte della Stato non abbiamo nessuna certezza sul futuro.Quasi sicuramente saremo costretti a chiudere due dei nostri ristoranti e tenerne aperti soltanto due per provare a limitare i costi. Questo ci costringerà a non rinnovare i contratti a molti dipendenti». «Le restrizioni portate dal Covid-19 hanno bloccato tutti i settori in cui la mia azienda lavora, investendo circa 200 tra dipendenti e collaboratori», racconta Maurizio Santoro, responsabile di IVS s.r.l., azienda di Sicurezza che opera nel Lazio nel settore intrattenimento, musica e spettacolo. «Siamo state una delle attività che hanno chiuso per prime e oggi non ci sono certezze sulla riapertura», dichiara Angelo Di Agostino, socio dell'Eden Club, locale storico di Roma nel piazzale dello Stadio Olimpico. «I giorni di chiusura imposti dall’emergenza sanitaria, senza un supporto concreto, ci hanno privarci dell'unica fonte di reddito e, allo stesso tempo, hanno determinato un forte accumulo delle spese», incalza Alessandro Di Bartolomei, titolare della Cicli Di Bartolomei, attività inserita nel circuito delle Botteghe Storiche di Artigianato di Roma, nata nel 1945. «Ho aperto la mia attività 4 anni fa, con tanti sacrifici e l’aiuto di mio figlio. Senza aver chiesto alcun aiuto alle banche – dice Bruna Bernabò amministratrice della B.E.C. Arredamenti e Fabbrica Cucina Srl – Ora che iniziavamo a vedere la luce in fondo al tunnel è arrivato il Coronavirus». «Ho 3 operai, ora in cassa integrazione – spiega Paolo Piersigilli, amministratore della Falegnameria 2019 Srls – Ora con 600 euro dello Stato (non ancora arrivati) non ci pago neanche la bolletta della luce». «Sono una Partita Iva dal 2006. Produco reddito per lo Stato da 14 anni, eppure nel Decreto Cura Italia del 14 marzo di me si sono completamente dimenticati», tuona Francesca Scognamiglio Petino, giornalista.