Schifani si smarca da Fini:

Silvia Tironi

Ha parlato a tutto campo: dal diritto di voto agli immigrati alle stragi di mafia degli anni ’90 e al ruolo della magistratura, fino al dibattito interno nel Pdl. E molte delle sue parole sono sembrate un distinguo rispetto alle parole pronunciate ieri da Fini. Oggi alla scuola di Formazione del Pdl di Gubbio è stato il giorno di Renato Schifani. Il presidente del Senato ha elogiato i giudici quando «si occupano, a volte pagandone il prezzo in prima persone, del contrasto diretto e senza quartiere alla mafia», mentre – è stato l’affondo – ha criticato il comportamento di «singoli magistrati quando, seguendo percorsi contorti e nebulosi ed avvalendosi di dichiarazioni di collaboratori di giustizia che parlano per sentito dire, tendono a riproporre teoremi politici attraverso l’evocazione di fantasmi di un passato lontano che avrebbe visto congiure contro il regolare assetto delle istituzioni». Nella mattinata di venerdì Alfano, sempre a Gubbio, si era detto invece possibilista sull’ipotesi di riaprire i processi sulle stragi mafiose dei primi anni ’90, dicendosi «convinto che nessuno abbia intenzione di inseguire disegni politici, ma solo un disegno di verità». Ostracismi – Schifani  inoltre ha parlato del confronto interno al Pdl dopo le accuse di ieri di Fini: «Vedo il Pdl come una casa aperta dove ci si può serenamente e liberamente confrontare senza alcun pericolo di anatemi o ostracismi», ha detto il presidente del Senato che sul diritto di voto agli immigrati ha tagliato corto: «La legge del governo Amato sul diritto alla cittadinanza è del 1992, per cui non la si può considerare superata dai tempi», aggiungendo di non essere d’accordo sull’attribuzione del diritto di voto «sulla base del semplice possesso del permesso di soggiorno». «Cronache morbose» –Schifani è poi tornato sulle recenti polemiche sulla libertà di stampa e ha criticato le «cronache morbose inutilmente scandalistiche» di molti giornali. «La sfida della stampa – ha sottolineato – è quella di non farsi dettare l’agenda da polemiche miopi che stravolgono e danneggiano l’immagine vera del nostro Paese, ma piuttosto di animare un dibattito pubblico alto». Insomma un discorso più in sintonia con le idee berlusconiane rispetto a quelle, di rottura, del presidente della Camera Fini.