Eluana, frutto di una violenza

Silvia Tironi

Metti chenella vita hai fatto proprio tutto, come dice una canzone di Baglioni, e centoe mille volte sei rimasta sola tu, ma te la sei cavata sempre, a modo tuo.Metti pure che, da adolescente, non sei riuscito a stare lontano dalla droga edallo spaccio. Metti che hai fallito nel matrimonio e ti hanno tolto lacustodia dei tuoi figli. Metti che ti illudi di ricominciare tutto,innamorandoti di un ragazzo di origine extracomunitaria, dal quale poi vienipicchiata, abusata e abbandonata, perché non hai voluto abortire. Metti che daqualche giorno sei diventata mamma di una bimba, Eluana, occhi azzurro scuro, visopaffuto, capelli neri. Metti tutto questo insieme e avrai la storia di Margherita,una ragazza italiana, residente nel ponente ligure, con un bambina appena nata,frutto di una storia fatta di violenza domestica. Margherita portava ancora isegni delle percosse ricevute, quando è arrivata al Centro Aiuto Vita diAlbenga il 9 febbraio scorso. Il giorno della morte di Eluana è stata accolta subitoda Ginetta, dalle volontarie Francesca, Ilaria e Simona e dalla psicologa,Silvia. Margherita era piena di dolore e di smarrimento. Era tra il 2° e il 3°mese di gravidanza. Viveva in una casa senza luce, gas e acqua. Sì, da 20giorni erano state interrotte le utenze domestiche, mentre il Comune, seppure informato,attendeva ancora di istruire la pratica presso i Servizi sociali. Margheritaaveva già in mano il certificato di aborto, ritirato il giorno prima dalginecologo al Consultorio dell’ASL savonese. Mancavano solo i ‘sette giorni diriflessione’ previsti dalla legge 194/78, per poter entrare in sala operatoriae dire addio al suo bambino. Lei però non era convinta di voler interrompere lagravidanza. Quel figlio, per lei, rappresentava il riscatto. A quel bambinoavrebbe potuto dare tutte le attenzioni che lei, abbandonata, non avevaricevuto. Nessuno al Consultorio dell’ASL le aveva eseguito un’ecografia,neppure per accertare lo stato di gravidanza. Nessun operatore sanitario l’avevainformata che quell’embrione avesse già un cuore pulsante. Il primo passo al CAV-ingauno è stato sottoporla ad un’ecografiaginecologica. Richiesta d’urgenza, proprio quel giorno, all’Ospedale SantaCorona di Pietra Ligure. Il ginecologo che la eseguì fu chiaro e senza mezze parolenel formulare a voce, davanti al monitor, la diagnosi: “L’embrione è questo eil cuore è questo”. Niente di più, ma neppure niente di meno. Certo Margheritaera arrivata al Reparto di ginecologia-ostetricia con il timore di vedere qualcosache forse per lei sarebbe stato preferibile non vedere. Poi però l’ecografia equel ‘nulla’ che invece si muoveva: “E pensare che mi avevano detto che erasolo un grumo di sangue” sospirò all’uscita del reparto. “Con l’ecografia hocapito che mia figlia era già un piccolo esserino”, disse Margherita quandoimprovvisamente ci affidò il suo certificato di aborto. E aggiunse: “Adessovoglio solo pensare soltanto a come crescere il mio bambino”. È vero che, perallevare i figli, servono anche i padri, ma Margherita, che un padre per il suobambino non l’aveva più, poteva contare su una nuova opportunità. Anche se dasola, poteva incominciare una nuova vita con il suo bambino. Servivano aiuti concreti, più che consigli o suggerimenti dicome diventare una brava mamma. Serviva una ‘casa protetta’, per essere difesadal compagno violento ed aggressivo, disposto a tutto pur di non farla diventare madre. Con l’aiuto del VescovoOliveri e dell’Assessorato ai Servizi Sociali del Comune di residenza abbiamorecuperato un domicilio protetto all’interno del territorio ligure. Abbiamopattuito con il Comune una cifra di 400 euro mensili per il vitto della donna.Quindi abbiamo attivato un progetto Gemma, il servizio per l'adozione prenatalea distanza di madri in difficoltà, per offrire a Margherita 160 euro mensilifino al compimento del primo anno di vita del bambino. Infine ci siamo autotassati,tra volontari, per aiutare la futura mamma nelle piccole spese quotidiane.Margherita è oggi diventata mamma. Vive in una casa famiglia, insieme con altreragazze madri. “Margherita, ci auguriamo, diventerà prima o poi una volontariadel CAV-i” afferma, sorridendo, Ginetta Perrone, la responsabile del CentroAiuto Vita e futura madrina al battesimo della bambina. Nel frattempoMargherita ci ha fatto un regalo. Ha chiamato la sua bambina Eluana. Si,perché, mentre qualcuno il 9 febbraio scorso decideva per la morte della giovanedi Lecco, Margherita sceglieva per la vita della sua bambina. di Eraldo Ciangherotti, presidente di Federvita Liguria