Cossiga sui servizi segreti

Albina Perri

Francesco Cossiga torna sul ruolo dei servizi segreti nelle ultime vicende italiane. L'ex presidente della Repubblica ha fatto interpellanza al Senato, che però è stata dichiarata innammissibile. Le domande di Cossiga, però, restano. Si chiede, Cossiga, se i servizi segreti per caso non abbiano svolto lavori per conto delle procure italiane, e se non abbiano indagato su membri del parlamento e loro familiari, anche al di là della loro veste di politici. Chiede Cossiga infatti se «È vero che ufficiali ed agenti dell'Aise avrebbero compiuto operazioni informative e di controllo nei confronti di membri del Parlamento e di altri esponenti politici dei familiari e amici degli stessi, ed anche in relazione a fatti e situazioni riferibili a membri del Governo, in materie non aventi alcun rapporto con la sicurezza interna e esterna dello Stato, al di fuori da qualunque direttiva, ordine o istruzione del Direttore del Servizio, e pur non rivestendo essi la qualifica di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria la, per incarico o mandato di varie procure della Repubblica, tra le quali quelle di Milano, Napoli e Bari?».  Al presidente del Consiglio Cossiga, inoltre, domanda se non intenda dar personalmente «il via a una inchiesta indipendente bipartisan, e se egli non intenda altresì nel frattempo suo dovere investire direttamente di questi casi il Copasir». Continua Cossiga:  «Chiarisco anzitutto che coloro che mi hanno riferito queste voci hanno tutti escluso che queste azioni siano state compiute su ordine e neanche a conoscenza, dell'ammiraglio Bruno Branciforte, direttore dell'Aise, la cui integrità, onestà, competenza, senso dello Stato e obbedienza ai suoi legittimi superiori è da tutti riconosciuta. E debbo dire che francamente non mi sentirei di criticare più di tanto quegli agenti dei servizi che richiesti da magistrati dei pubblici ministeri di compiere attività estranee alla loro missione, vi abbiano aderito. Non possiamo infatti dimenticare che è bastata una procura della Repubblica con iniziative che hanno trovato censura perfino da parte della Corte Costituzionale, la cui tendenza costante è quella di dar torto al Governo e ragione, comunque e sempre, a 'far saltarè i vertici di un nostro Servizio, a provocare una riforma che peggio non si sarebbe mai potuta pensare». «D'altronde - dice ancora il senatore a vita - vittime dei pubblici ministeri non sono stati soltanto i vertici dei servizi, ma vertici delle forze di polizia: pensiamo all'incriminazione, tra molti altri, del prefetto De Gennaro, oggi direttore generale del Dis già a suo tempo destituito dall'allora presidente del consiglio nell'Aula di Montecitorio e nei cui confronti i pubblici ministeri hanno chiesto in un processo persecutorio la condanna a due anni di reclusione. Io mi aspetto - prosegue - che, dopo il G8, il presidente del Consiglio mi risponda, anche solo per iscritto, che nulla di vero vi è di quanto mi è stato detto, aggiungendo anche che il governo accetterà le decisioni della magistratura sempre e comunque, che non opporrà mai più il segreto di Stato, non solleverà più conflitti di attribuzione e attribuirà ai pubblici ministeri la competenza a utilizzare in piena autonomia gli agenti dei servizi di informazione e sicurezza».