La beffa
L’Expo 2015 si fa a Milanoma la mascotte si chiama Guagliò
La prima mascotte dell’Expo di Milano si chiama Guagliò. Siccome è previsto che ce ne siano altre, già si prepara la lista dei prossimi nomi: in testa Scugnizzo, Paisà, ‘Nfame, Vaiassa, Uallera, Fetenzia, Sgarrupato, Pummarola in coppa, Scuorno, Pazzariello e Cumpariello. Il simbolo della manifestazione, che attualmente è una composizione di frutta che ricorda l’Arcimboldo, potrebbe essere cambiato: si pensa, per restare in tema, di affidarsi a Pulcinella. Come dolce tipico milanese verrà servito, al posto del panettone, il babà al ruhm. Come inno sarà ovviamente scelto “O Sole Mio”. E, durante l’inaugurazione, verranno distribuite foto ricordo con il caratteristico paesaggio lombardo: il golfo, il mare e sullo sfondo ovviamente il Vesuvio. Dicono che l’Expo 2015 sia una bella occasione per Milano. E così, per cominciare, hanno cominciato a far parlare quest’occasione in napoletano. Una bella idea, no? L’Italia è unita e noi ne siamo orgogliosi. Anche perché le attenzioni sono reciproche. Siamo certi, per esempio, che se la manifestazione si fosse tenuta a Napoli, beh, all’Expo Piedigrotta non avrebbero fatto altro che cantare “O mia bela madunina”. La mascotte l’avrebbero chiamata “Bauscia”. Piatto tipico? Risotto allo zafferano. Luogo da visitare? Il Naviglio. O, in alternativa, Parco Lambro by night. Invece, niente: l’Expo 2015 si terrà a Milano e dunque la mascotte si deve per forza chiamare Guagliò. Il nome, spiegano negli uffici dell’organizzazione, è stato scelto dopo un concorso fra i bambini. Hanno partecipato in tantissimi, è stato detto, in tutta Italia, dal Nord al Sud. Un po’ di più al Sud, evidentemente, ma che ci volete fare? Al Nord sono sempre così sgobboni che non hanno mai tempo per divertirsi. In tutto le mascotte cui bisognerà dare un nome sono undici: ci sono banana, melagrana, anguria, mela, mango, arancia, pera, fico, rapanello e mais blu. Il primo nome scelto è quello dell’aglio, che si chiamerà appunto Guagliò. Non sfuggirà il gioco di parole: Gu-aglio con l’aggiunta dell’accento. Se tanto mi dà tanto, tremiamo all’idea di che cosa avranno immaginato i terribili pargoletti per il fico. Ma c’è poco da scherzare. Questa storia delle mascotte è una roba molto seria: soltanto il giro d’affari legato alla vendita dei gadget sarà superiore ai 100 milioni di euro. I frutti-pupazzi, con i loro nomi appositamente scelti, finiranno su vestiti, diari, penne, tazze, peluche e prodotti legati al cibo che sarà il tema portante di tutta la manifestazione. Stanno pensando anche di dare vita a fumetti e film d’animazione. Tutto molto efficiente, tutto molto lombardo. Proprio come l’Expo. Proprio come Guagliò. Pare che anche per accogliere i visitatori nei padiglioni si stiano cercando hostess madrelingua partenopee e ragazze diplomate alla Hig School Sciuscià. Gli interpreti dovranno dare l’esame su testi di Peppino De Filippo e Totò. Per l’amor del cielo, sappiamo che Milano è sempre stata la patria di tutti. Sappiamo che ha costruito la sua forza proprio sulla capacità di accogliere e integrare popoli e le lingue. E figuriamoci se questa millenaria storia di accoglienza e integrazione non troverà un momento sacro nell’Expo, che è nata in fondo proprio per unire e avvicinare tutti. Però, ecco, come si fa ad avvicinare se si dimentica dove si sta? Come si fa a unire se si dimentica chi si è? Per questo non sarebbe male che, almeno nei simboli iniziali, sopravvivesse l’orgoglio della regione ospitante e della città che organizza, cioè un po’ di quei valori lombardi che hanno fatto grande l’Italia. E che non possono vittime di una costante colonizzazione anti-settentrionale. Per cui va bene tutto: va bene Guagliò, Carusu, Picciotto, Figghiolu, Figlio ‘n Trocchia, quello che volete. Ma poi i casi sono due: o la prossima mascotte avrà un nome milanese (Bagaj? Bel Fieu?). Oppure bisognerà dare un nome milanese a chi ha organizzato il concorso: Pirla. di Mario Giordano