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Fiat Duna alla riscossa, considerata fra le auto più brutte di sempre è stata premiata da "Ruote classiche"

Cristina Agostini

Erano i favolosi anni Ottanta, che qualche povero di spirito ancora si ostina a criticare, mentre fu un decennio bellissimo, ricco, anche se un po' immorale, ma sempre meglio del clima da seminario di oggi. Allora vigeva, in ogni campo, la cura per il bello. Gli anni ruggenti della moda, del look, dello stile. Ma ogni tanto, è vero, qualcosa andava storto. Per esempio la Fiat Duna. Chi ha vissuto in quegli anni, non potrà averla dimenticata. Non era una macchina vera e propria, era la realizzazione di una macchina disegnata su un foglio da un bambino di quattro anni. Era l'idea platonica del "catorcio". Perfino il progettista, Giorgetto Giugiaro, disse «me l' hanno imposta». Eppure, poiché erano gli anni Ottanta, nessuno si oppose a quel grigiore e squallore a quattro ruote, a quella perfetta incarnazione della mediocrità automobilistica, perché in quegli anni si osava e, in un certo modo, si vedeva oltre. Si vedeva fino a oggi, quando all' edizione 2019 di Milano Auto Classica, la Fiat Duna, incredibilmente, ha conquistato un premio dalla prestigiosa rivista "Ruote classiche". Un premio certamente minore e strampalato come la stessa berlina: si tratta infatti del riconoscimento per «l'auto che viene più da lontano». Eppure, a denti stretti, il direttore della rivista, David Giudici, ha ammesso che «la Duna Diesel ormai è una vera rarità... Il premio è stato consegnato come auto che veniva da più lontano, ma abbiamo premiato anche il coraggio e l' ostinazione nel conservare una delle più discusse berline italiane. Una vettura che non avrà mai un valore economico di rilievo, ma che resta testimone di un periodo effervescente per il marchio torinese». Il coraggio e l' ostinazione sono quelli dello spezzino Mauro Minetti, il quale non solo ha avuto l'ardire di comprarsi una Duna (addirittura diesel), ma da quel giorno infausto la mantiene in perfette condizioni come fosse una Bugatti. Inoltre va sottolineato che il suo esemplare è autografato all'interno del bagagliaio da Giorgetto Giugiaro, il padre, suo malgrado, dell'automobile. Insomma, certamente un pezzo importante della storia dell' automobilismo italiano, nonché dell' orrido, che meritava di certo un premio, trentadue anni dopo il suo sbarco da oltreoceano sul mercato italiano (le Duna venivano fabbricate in Brasile, e poi, lievemente adattate, importate in Europa). Leggi anche: Drammatica tassa sull'auto. Stangata: quanto si pagherà di più e che modelli colpisce E ci viene di pensare che se la Fiat Duna, cioè una macchina che era diventata uno zimbello, citata come tale persino da comici televisivi dell' epoca, ha avuto il giorno del suo (parziale) riscatto, allora c' è davvero speranza per ogni cosa brutta. È proprio vero che, col tempo, si rivaluta tutto, specialmente oggi che abbiamo completamente perso il senso del bello e del brutto, e li abbiamo sostituiti con ciò che riempie la pancia della massa digitalizzata. Oggi, del resto, possedere un' automobile, e usarla, è già una colpa, come si potrebbe anche solo discutere se sia bella o brutta? Naturalmente nessuna variazione nel gusto potrà mai riscattare la Duna dal suo essere quel che è: una schifezza. Però, ecco, la sua forza, come in tante cose brutte, sta nel fare pena (o perlomeno tenerezza), nell'essere stata passiva vittima degli sberleffi e degli attacchi e, nonostante tutto questo, aver tenuto il campo, essendo stata prodotta dal 1985 al 2000. Tramontata ormai la grande stagione espansiva dell'industria automobilistica, che sta cercando di affrontare le nuove sfide ambientali e energetiche con progetti quasi fantascientifici (come la macchina elettrica che si guida completamente da sola) ecco che la Duna ci arriva come un relitto perfettamente rappresentativo di un' epoca in cui l' automobile era non una pazzia futuristica ma una cosa normale, media, come normale e media era la famiglia cui si rivolgeva. Quindi consoliamoci per quel tanto di brutto che ognuno di noi ha: qualsiasi cosa brutta, potrà domani essere guardata con altri occhi, occhi nostalgici. Ma a un patto: che sia un brutto schietto, sincero. Come la Duna diesel. di Giordano Tedoldi