Asta

Calisto Tanzi, mille persone all'assalto del suo tesoro: un Picasso battuto a 2 milioni

Davide Locano

La «Finestra di Düsseldorf» di Giacomo Balla, uno dei pezzi pregiati - e particolarmente ambiti - del cosiddetto «tesoro Tanzi», battuto all' asta ieri sera a Milano dalla casa d' aste fiorentina Pandolfini nella sede del Centro Svizzero di via Palestro, è volato via in pochi minuti per 500 mila euro. Il capolavoro, però, non potrà lasciare l' Italia perché è stato dichiarato di interesse culturale «particolarmente importante» dal ministero per i Beni culturali. L' uomo in gessato nero, con t-shirt rigorosamente dello stesso colore, che se lo è aggiudicato (a vederlo da lontano assomigliava molto all' archistar Massimiliano Fuksas...), chissà dove lo metterà. Di certo non in garage, come hanno fatto i Tanzi per evitarne la confisca. Magari accanto al Van Gogh - ("Still life with a basket of apples", un olio su tela del 1885 circa) conquistato per «soli», si fa per dire, 495 mila euro, base d' asta 280 mila. Calisto Tanzi, l' ex cavaliere dei miracoli, ma soprattutto dei debiti, quello del Parma calcio e della bancarotta della Parmalat, per l' arte aveva un certo gusto. Sia nel comprare le opere, ritrovate della Guardia di Finanza nei luoghi più impensati, sia per nascondere i buchi di bilancio. L' ex cavalier Calisto, partito dalla media borghesia parmense, dopo aver compiuto un lungo viaggio «dentro» la finanza italiana, finì per bruciare 14 miliardi (l' asta ha fruttato 12.3 milioni di euro: ben oltre le aspettative), trascinando con sé, nel baratro, il risparmio di 80 mila persone, tra obbligazionisti e azionisti. Un tragico default che portò al passaggio dell' azienda italiana ai francesi di Lactalis. RACCOLTA PRIVATA L'asta milanese, denominata «Tesori ritrovati, impressionisti e capolavori moderni da una raccolta privata», dovrebbe servire a restituire un po' di soldi a quanti rimasero imbrigliati in quella tela (meglio ragnatela) di debiti e vizi capitali. Il capitalismo della provincia che voleva farsi grande. E per farlo comprava. E s' indebitava. Un quadro noir che non è stato battuto all' asta, ma facilmente rintracciabile nelle carte processuali. Documenti dei quali, al migliaio di collezionisti registrati e inseriti nella lista di Pandolfini per l' asta milanese con le 54 opere appartenute a Calisto Tanzi e sequestrate dal Tribunale di Parma qualche anno dopo il crac di Parmalat del 2003, devono essere arrivati solo frammenti, rumori di fondo, voci indistinte. Per loro il crac è non comprare il quadro agognato. Chi è qui, nella sala a L del Centro svizzero, è concentrato sulle opere, non sulla montagna di debiti. Quelli sono fuori, da un' altra parte. Al punto che la "Falaise du Petit Ailly a Varegenville" di Claude Monet, una delle opere più quotate tra le 54 sequestrate all' ex patron di Parma e Parmalat, è stato acquistato da uno dei collezionisti registrati, presenti nel salone, per poco più di un milione e mezzo di euro, commissioni incluse. Sull' opera è stato disposto il divieto di esportazione. Il capolavoro di Monet partiva da una base di 800mila euro. Tensione in sala, occhio vigile e sguardo attento da parte del direttore della casa d' aste, Pietro De Bernardi, abile ed esperto battitore. Alla fine lungo applauso dei partecipanti alla gara, perché di competizione si tratta, non c' è altra definizione più aderente per descrivere il clima che si respira. Non è l' arte per l' arte, ma il mercanteggiamento per gli affari. Perché un quadro gira, non resta mai fermo. L' olio su tela, risalente al 1896-97, assieme alle altre opere, servirà a restiure un po' di soldi ai risparmiatori truffati nel crac di Parmalat. Un po', non tutti. MUSEI IN PRIMA FILA Per gli amanti dei dettagli l' altro Van Gogh, «Pollard Willow», disegno con un soggetto di campagna risalente al 1881 considerato un tipo di opera raro sul mercato, che partiva da una base di 200mila euro, è stata acquistata per poco più di 800mila euro. All' asta ha partecipato anche il Van Gogh Museum di Amsterdam. Ammettiamolo, un mondo a parte. Dove quelle palette alzate per frazioni di secondo valgono dai 5 mila ai 20 mila euro. Dove i maggiori acquirenti non appaiono mai, le loro offerte arrivano via telefono. Dove il rapporto fra reale e irreale è una sottile linea d' ombra, come in un quadro di Claude Monet. Per un profano sembra di assistere ad una sorta di Monopoli senza le caselle e i dadi, per gli addetti ai lavori l' asta è il momento che sublima la loro storia, la loro passione. E quando il martelletto del battitore sancisce i 2,1 milioni di euro, commissioni incluse, per un' opera di Pablo Picasso, il prezzo più alto dell' asta del «tesoro Tanzi», tutto si ferma, sospeso nell' aria. Si tratta di «Nature morte au citron, a l' orange et au verre», un olio su tela del 1944, firmato dal maggior esponente del cubismo e valutato con una base d' asta compresa fra 800mila e 1,2 milioni di euro. Dopo una lunga serie di rilanci, il battitore, l' amministratore delegato di Pandolfini, ha aggiudicato il capolavoro a un collezionista al telefono per 1,75 milioni di euro, più i diritti d' asta. Non saranno i tribunali a restituire un po' di serenità alle vittime del crac della Parmalat, ma l' arte. Perché con quella si mangia ancora. di Enrico Paoli