l'intervista a libero
Luiss, Marco Gervasoni licenziato dopo il tweet sulla Rackete: l'annuncio dopo il Conte-bis
C' era una volta, tanti anni fa, la facoltà di Scienze politiche della Luiss. Nella quale il sociologo socialista Luciano Pellicani, uno che saliva sul palco delle convention uliviste, scambiava aule e studenti con l' economista liberista Antonio Martino, tessera numero 2 di Forza Italia. Un' altra Italia, un' altra università. Oggi l' ateneo di Confindustria è quello da cui Marco Gervasoni, storico apprezzato, ordinario all' Università del Molise e dotato di una lunga bibliografia (Storia d' Italia degli anni Ottanta, La Francia in nero, La rivoluzione sovranista), è stato rimosso dalla cattedra di Storia comparata dei sistemi politici. Il 26 giugno, nei giorni della Rackete-mania, aveva scritto su Twitter «Sea Watch, bum bum», condividendo così la linea di Giorgia Meloni, favorevole all' affondamento della nave (s' intende: senza nessuno a bordo). Parole che gli sono costate il rinnovo del contratto. La Luiss che sostiene di avere «la diversità culturale» tra i propri «valori fondanti» non ha potuto sopportare tanta vicinanza alle posizioni sovraniste. Quando la Meloni, pochi giorni fa, ha raccontato la vicenda ed i social media sono insorti, l' università ha fatto sapere di essere un' istituzione «pluralista» che rispetta tutte le opinioni, purché «scevre da ogni radice intollerante, razzista o sessista nutrita di odio verso gli altri». Accuse su cui Gervasoni ha qualcosa da ridire. Professore, che rapporto la legava alla Luiss? «Quello di professore a contratto. In questi casi la prassi prevede che, intorno a maggio, il docente riceva una mail in cui gli si comunica che il consiglio di dipartimento lo ha confermato per l' anno seguente. Poi, a settembre, c' è la firma». E lei questa mail l' ha avuta? Era stato confermato per l' anno accademico 2019-2020? «Sì. Infatti, fino a una decina di giorni fa, sul sito della Luiss compariva l' indicazione dell' inizio del corso, con il mio nome. Gli studenti mi contattavano per avere informazioni sui libri. Tutto sembrava normale». Il 26 giugno, però, lei aveva pubblicato quel tweet su Carola Rackete. Che aveva fatto insorgere l' Anpi del Molise. E non solo. «Qualche giorno dopo mi era arrivata una mail del direttore del dipartimento, Sergio Fabbrini, indirizzata anche ad altri docenti e al rettore. Mi chiedeva conto di quel tweet e, in generale, del modo in cui scrivo sui social network, sostenendo pure che vi era stata qualche lamentela, non meglio specificata, da parte dei genitori di alcuni studenti». Fabbrini è quello che va in televisione a dire che «i sovranisti non capiscono nulla quando parlano d' Europa». Lei ha risposto alla sua lettera di richiamo? «Certo. Ho spiegato che ovviamente non mi riferivo alla distruzione della nave con le persone a bordo e che quello dei social network è un linguaggio sintetico e goliardico. In ogni caso, facevo sapere che comprendevo lo spirito del richiamo e che mi sarei attenuto a quanto mi veniva chiesto. Mi dichiaravo pronto, inoltre, a dare di persona altre spiegazioni al dipartimento, al rettore e a chiunque altro». Le hanno risposto? «No». In un mondo normale la vicenda si sarebbe chiusa qui, con questa sua dichiarazione di disponibilità. «Invece due settimane dopo venivo a sapere, in modo informale, che il consiglio di dipartimento aveva deciso di revocarmi l' incarico. Con le stesse contestazioni, a quanto mi risulta, che mi erano state avanzate in quella mail inviatami dopo il tweet. Sono rimasto molto sorpreso». Eravamo a luglio. Quando le hanno comunicato formalmente che l' avevano cacciata? «Pochi giorni prima dell' inizio del corso, che era previsto per il 15 settembre. Me lo hanno detto per telefono. Sino ad allora, il mio corso risultava confermato per il nuovo anno accademico». Facile il sospetto: per rendere ufficiale il suo allontanamento hanno aspettato l' uscita della Lega dal governo e l' insediamento del Conte bis. «È un sospetto che ho pure io. Curiosamente, la telefonata mi è arrivata dopo che era stata votata la fiducia al governo. Non ho prove, però, per dire che le cose siano collegate. Di sicuro la procedura è stata molto affrettata: hanno dovuto trovare all' ultimo istante un collega che mi sostituisse, senza nemmeno il tempo di fare un bando per il contratto». Alla Luiss, come in tutti gli atenei, la didattica dei docenti viene valutata. Lei che giudizi ha avuto? C' erano stati problemi? «Nessun problema. Non ho mai avuto modo di vedere la mia valutazione, ma per quanto ne so era stata molto positiva. Avevo un numero elevato di laureandi, e anche questo indica che il corso era apprezzato. Nel comunicato della Luiss sulla mia vicenda, infatti, non si fa alcun riferimento a tale aspetto, sotto il quale sono inattaccabile». Si riconosce in quegli aggettivi che si leggono nella nota dell' ateneo di Confindustria? Intollerante, razzista, sessista... «Chiaro che no. Ma sappiamo che se uno, su Twitter, fa una battuta ironica sulle femministe, è facile trovare chi lo accusa di sessismo. Il problema è sempre quello: chi decide quale è il confine del razzismo, del sessismo, dell' odio verso gli altri? Il comunicato della Luiss si guarda bene dal definirmi razzista e tutto il resto, però fa capire che certe posizioni non sono tollerate». Queste posizioni lei le ha mai espresse dalla cattedra d' insegnamento? «Mai. Ho allievi di ogni orientamento politico, ai quali non ho mai fatto percepire quali fossero le mie opinioni su Carola Rackete e altre vicende del genere». Crede che Confindustria abbia avuto un ruolo in questa storia? «La decisione è stata presa dal dipartimento, che è un organo accademico. Non ho elementi per pensare a un intervento di Confindustria. Con la quale, peraltro, non ho mai avuto rapporti». Intende dare un seguito legale alla vicenda? «No, per ora». di Fausto Carioti