La sentenza

Davide Raggi, la vergogna di Stato sull'omicidio di Terni: se un clandestino ti ammazza, non paga nessuno

Gino Coala

Nessuna responsabilità da parte dello Stato. Terni, è il giorno dell' indignazione. Quella di Walter Raggi, il padre di David, il ragazzo di appena 27 anni morto agli inizi della primavera del 2015. Ucciso da un 29enne marocchino senza permesso di soggiorno e con una lista di pene da scontare che la metà bastava (già allora) a rimpatriarlo a Casablanca. Si chiama Amine Aassoul, l' assalitore di David: e adesso è in carcere a Spoleto. Per lui la sentenza definitiva a 30 anni di reclusione è arrivata lo scorso anno, ma non è questo il punto. Il punto è che i genitori di David hanno chiesto un risarcimento per quella perdita che ha sconvolto le loro vite e sono arrivati appena gli spicci. Poco più di 21mila euro, 7.200 a testa a papà, mamma e fratello. Stop, non un centesimo di più. La seconda sezione del tribunale civile di Roma, ieri, ha deciso che in quella vicenda di violenza ingiustificata e dramma estremo non c' è nessuna responsabilità da parte delle istituzioni. Leggi anche: Edi Rama, il premier dell'Albania a Senaldi: "Salvini ha ragione sui migranti. Europa: basta ipocrisia" TIRATO PER I CAPELLI Né della Presidenza del Consiglio (al tempo dei fatti era premier Matteo Renzi, per onor di cronaca), né del ministero dell' Interno (allora lo era Angelino Alfano), né del collega della Giustizia (Andrea Orlando). Non che i nomi dei politici di quattro anni fa implichino colpevolezze personali, questo è ovvio a chiunque. È lo Stato nel suo insieme ad essere tirato per i capelli oggi: Assaoul è un irregolare quando aggredisce David. Sta vagando per strada ubriaco, ha appena preso a pugni due poliziotti che stanno cercando di calmarlo. Si gira di scatto fuori da un pub e incrocia, per caso, lo sguardo di David. «Tu cos' hai da guardare?», gli grida in faccia, visibilmente alterato. Prende il collo di una bottiglia e gli recide la carotide. Per l' italiano non c' è niente da fare. Una storia agghiacciante, in cui le nazionalità di vittima e aggressore non c' entrano nulla. Sarebbe stata agghiacciante anche se fossero state invertite, chiariamoci subito sennò cadiamo nei soliti equivoci. LAMPEDUSA Però così non è. Però Assaoul è sbarcato a Lampedusa senza documenti da una manciata di mesi, in quel maledetto marzo del 2015: sta aspettando lo status di rifugiato, dice. Però non è la prima volta che entra in Italia su un barcone, è già stato espulso nel maggio precedente per una serie di reati compiuti a Fermo, nelle Marche. Per aver picchiato un prete e averlo rapinato. Però ha sulla fedina penale un cumulo di pene che raggiungono i sette anni di prigione. Davanti alla Corte romana l' avvocato della famiglia Raggi, il legale Massimo Proietti, ha provato, nei giorni scorsi, a contestare il fatto che il ragazzo marocchino nonostante tutto questo girasse a piede libero, ha tirato in ballo pure Palazzo Chigi. Niente. Al signor Walter spetta appena un indennizzo in base alla legge per le vittime di reati violenti internazionali. Lo Stato non ha responsabilità, parola di tribunale. «Sono sorpreso per l' entità della somma di fronte a una tragedia tale», sbotta Proietti. Assaoul non poteva essere espulso, scrivono i giudici capitolini, in quanto «convivente con la madre che, nel frattempo aveva acquisito la cittadinanza italiana». Cavilli, insomma. Che però ai Raggi lasciano l' amaro in bocca. E a poco vale l' intenzione di Proietti che sta valutando il ricorso alla Corte Costituzionale. Per la famiglia di David questo risarcimento è l' ennesima batosta in una situazione che li ha già provati molto. di Claudia Osmetti