Verità lontana
Omicidio Desirée, confusione sullo spacciatore italiano: Marco o Mirko? I testimoni non ricordano
Marco o Mirko? "A me il bulgaro (Nasko) mi ha detto a piazzale Tiburtino che è stato un italiano, un certo Marco a dare a Desirée le gocce e il mix facendole passare per metadone - spiega Narcisa, testimone chiave dell'omicidio di Desirée Mariottini -. Il bulgaro mi ha detto che lui stesso ha visto Paco e Youssef che stupravano la ragazza, che loro sono stati i primi". La 16enne di Cisterna di Latina è stata lasciata agonizzante per 12 ore nello stabile abbandonato a San Lorenzo (Roma), mentre tutti gli altri presenti, avendo assistito alla sua morte, se la sono data a gambe levate. Sono scappati nel vicino parcheggio del piazzale Tiburtino 1. "Io non conosco Marco, so che la madre abita vicino a Porta Maggiore - prosegue la ragazza -. Qualche volta veniva a via dei Lucani e consumava crack. Credo abbia la mia età, circa 36 anni, ma dimostra di più: senza capelli, porta la barba ed è abbastanza robusto. Secondo noi quando Youssef ha portato Desirée nel container per avere un rapporto, alla ragazza il mix di gocce e metadone le era già stato dato. Poi ricordo che il bulgaro si è messo a piangere perché si sentiva in colpa per la morte della ragazza, perché lei gli aveva detto di non lasciarla da sola e lui invece se n'era andato mandandola a quel paese". L'identità di questo Marco è ancora ignota, soprattutto perché ieri, 30 ottobre, i poliziotti hanno portato in Questura, dove è stato interrogato, un certo Mirko Di Leo, forse pensando proprio che lui fosse il Marco ricercato. "Marco o Mirko - aveva raccontato agli agenti della Squadra mobile Nasko - era il ragazzo italiano con cui si accompagnava Desirée. L'ho visto parlare con tutti dentro lo stabile, con Ibrahim, Sisko, Youssef e gli altri. Marco a volte andava per conto di Koffy a Tor Bella Monaca per comprare della cocaina". A Il Tempo, appena uscito dalla questura ieri, Mirko Di Leo ha detto: "Non sono né un assassino né uno stupratore. Il responsabile della morte di Desirée è quello che gli ha dato gli psicofarmaci - prosegue -. Visto che penso di conoscere di vista la ragazza deceduta mi è dispiaciuto molto e mi sono attivato all'interno del quartiere domandando in giro al fine di rintracciare informazioni utili per le indagini. Alle 23 del 19 ottobre, mente mi trovavo in piazza dell'Immacolata, venivo avvicinato da un giovane africano che mi riferiva che lui si trovava all'interno del capannone, dove è stata rinvenuta la salma della giovane e che l'avrebbe vista morta, con gli abiti strappati. In sua presenza si era sentita male, pertanto le davano acqua e zucchero e poi, visto che diveniva cianotica, veniva adagiata su di un divano, dopodiché moriva. Invitavo quindi il ragazzo a recarsi presso il più vicino ufficio di polizia o ai carabinieri per riferire il tutto e mi diceva di essersi presentato tre ore prima in un commissariato vicino a via Vittorio Emanuele, ma di non esser stato creduto in quanto gli avrebbero detto che era in stato di ebbrezza. In via dei Campani incontravo nuovamente il ragazzo e lo invitavo a seguirmi presso la stazione dei carabinieri". Una testimonianza non da poco, perché se Mirko non dicesse la verità e fosse stato davvero lui a somministrare alla sedicenne il "cocktail letale", potrebbe essere accusato dalla Procura di omicidio. E, a quel punto, la responsabilità dei 4 africani arrestati si circoscriverebbe "solo" allo stupro di gruppo. Leggi anche: Desirée Mariottini stuprata anche da morte, la pesante accusa