Le carte

Omicidio Desirée, lo schifo del branco a San Lorenzo: "Meglio lei morta che noi in galera"

Gino Coala

Il branco di spacciatori "con pervicacia, crudeltà e disinvoltura", ha abusato di Desirée, senza "alcuna remora" e "giungendo al sacrificio del bene primario della vita". È quanto si legge nell'ordinanza con sui la giudice Maria Paola Tomaselli ha convalidato i fermi dei tre indagati per lo stupro e l'omicidio di Desirée Mariottini, e per tutti disposto il carcere. Leggi anche: Feltri, Desirée è vittima pure di genitori incapaci di tutelarla Brian Minteh, 43 anni, del Senegal, è stato l'unico a voler dare una sua versione di quanto accaduto in quella terribile notte del 19 ottobre, nello stabile abbandonato di Via dei Lucani, e ha negato le accuse: "Io non c'entro nulla - avrebbe detto durante l'interrogatorio -. Non sono stato io, sono stati altri". Alinno Chima, 46enne nigeriano, accusato insieme agli altri di omicidio, stupro e cessione di stupefacenti, non ha riposto alla gip ma, attraverso il suo legale ha fatto sapere: "Non mi sarei mai permesso neanche di toccare Desirée, perché si vedeva che era una bambina". Completamente diverso il quadro ricostruito dagli inquirenti che emerge in tutta la sua violenza in una frase riportata nell'ordinza: "Meglio che muore lei che noi in galera". È quanto, secondo una testimonianza raccolta in corso di indagine, avrebbero detto Brian Minteh, Alinno Chima e Yousif Salia (quest'ultimo fermato ieri a Foggia). Salia, senza permesso di soggiorno come gli altri tre, aveva con sé 11 chilogrammi di droga e una pistola giocattolo e nel tentativo di fuggire si era nascosto in una baracca vicino al Centro di accoglienza richiedenti asilo della cittadina pugliese. Oggi a Roma, si sono svolte due manifestazioni contrapposte nel quartiere San Lorenzo, vicino a dove una settimana fa è morta la giovane. A piazza di Porta Maggiore si è tenuto il sit in di Forza Nuova, mentre da Piazza dell'Immacolata è partito il corteo promosso dall'Anpi, con la partecipazione di sindacati e Pd per chiedere di non strumentalizzare la tragica vicenda della sedicenne e non trasformare gli stranieri in capro espiatorio.  C'è anche un italiano tra i ricercati dagli inquirenti che indagano sulla morte di Desirée Mariottini: Marco, questo il nome fornito da altri testimoni presenti quel giorno all'interno dello stabile abbandonato di San Lorenzo. Nel palazzone della droga Marco è il fornitore delle pasticche di psicofarmaci che sarebbero state usate per comporre il mix con cui la 16enne è stata stordita. Secondo la ricostruzione della procura, erano quasi due settimane che Desirée frequentava lo stabile abbandonato del quartiere San Lorenzo, dove si procurava la droga e la consumava. Andava e veniva da quel posto dove la notte tra giovedì e venerdì della scorsa settimana ha trovato la morte. Il pomeriggio del 18 ottobre Desirée è tornata in via dei Lucani in cerca di droga, ha incontrato il gruppo e ha chiesto qualche stupefacente da consumare lì, come già successo in passato. Secondo gli inquirenti, i quattro spacciatori sapevano che la dose fornita alla ragazza era in grado di ucciderla e quando lei si è sentita male non hanno chiamato qualcuno che potesse soccorrerla ma anzi l'hanno violentata, più volte, in gruppo. Desirée non si è opposta in alcun modo: non poteva farlo perché non era in sé, non si reggeva in piedi mentre loro, senza nessuna pietà le erano addosso. Dopo gli abusi l'hanno abbandonata a terra, tremante, si sono allontanati e l'hanno lasciata morire.