I precedenti da incubo
Genova, perché le vittime del ponte Morandi rischiano di non avere né colpevoli né risarcimento
La procura di Genova ha aperto un' inchiesta per il crollo del ponte Morandi. Anche in Calabria si indaga per i turisti morti nelle gole del Raganello. I tempi sono lunghi e quasi mai si arriva individuare i responsabili di tragedie come queste. Non ci sono colpevoli per gli 851 morti, vittime delle catastrofi (e dell' incapacità di farvi fronte) avvenute dal 1968 a oggi. E le loro famiglie non hanno ottenuto alcun risarcimento. Lungaggini burocratiche, giustizia lenta, perizie mal fatte: un muro di gomma contro il quale rimbalzano i tentativi di fare chiarezza per individuare le responsabilità e, cosa più difficile, i responsabili. Tre anni dopo il Vajont che doveva segnare un cambio di rotta nelle politiche di prevenzione, per i morti a causa di inondazioni, quella di Firenze mostrò, invece, un' Italia ancora in ginocchio. Era il 4 novembre 1966 quando l' Arno straripò e la città si trovò allagata. I morti furono decine. Ci sono state le inchieste, ma non si è mai arrivati ad un processo. I due magistrati che indagarono, Antonino Caponnetto e Pierluigi Vigna non trovarono riscontri riguardo la gestione non particolarmente avveduta di due dighe dell' Enel e il loro lavoro si incagliò di fronte alla proposta di mettere sotto accusa il prefetto Manfredi De Bernard. Il procuratore Antonio Sica avocò a sé le indagini e da allora dell' alluvione di Firenze restano solo le immagini in bianco e nero dei filmati del telegiornale, le fotografie sbiadite su vecchi quotidiani ingialliti dal tempo. I fascicoli della vecchia indagine giacciono coperti di polvere in chissà quale cassetto. Poco prima di andare in pensione, ricordando l' alluvione, Pierluigi Vigna disse: «Pensandoci, mi viene ancora una lacrimuccia», troppo poco per le famiglie precipitate improvvisamente nel lutto. Leggi anche: "Noi siamo stati fregati. Genovesi, non accettate i soldi di Autostrade" Fiori e lacrime - Non ci sono solo le calamità naturali improvvise che l' uomo non è stato colpevolmente in grado di prevenire, ci sono anche incidenti con dinamiche e cause mai accertate. Il 18 dicembre 1983, più di 34 anni fa, un pullman della Marina militare precipitò giù dal viadotto autostradale nei pressi del casello di Genova Nervi. Persero la vita 35 marinai prossimi al congedo che tornavano da Torino. Erano in gita premio, tutti giovani tra i 18 e i vent' anni che avevano assistito ad una partita della Juventus. Le cause del disastro non furono mai accertate. Si parlò di ruote usurate, di asfalto da rifare completamente, trasformato dalla pioggia in una pista da bob. Il contachilometri del bus, rimasto bloccato, segnava un' andatura più che moderata. Col tempo le indagini si sono consumate e spente come una candela. Ogni anno sul cavalcavia la targa che porta i nomi dei morti viene ripulita, un prete celebra la messa nella chiesa di San Rocco della Castagna e i parenti posano fiori sotto la lapide. Ma nessuno è mai stato risarcito: «Rivivo tutto come se fosse oggi - dice Marina Occhipinti, madre di Carmelo Anelli, una delle vittime -. Sulle cause si è detto di tutto, ma non abbiamo mai saputo la verità». Una vita vale 100mila euro, tanto è stato determinato per le 159 vittime del disastro di Sarno avvenuto il 5 maggio 1998. «Per ottenere qualcosa abbiamo pignorato i conti Bankitalia della presidenza del Consiglio, siamo stati i primi - racconta Antonio Carrella, legale dei familiari delle vittime -. Ma nel frattempo nessuno aveva accantonato nulla» e nessuno ha mai ricevuto un solo centesimo. Il comprensorio della cittadina in provincia di Salerno fu sommerso da 2 milioni e mezzo di metri cubi di fango. Il monte Pizzo d' Alvano si era trasformato in un fiume di detriti. Ci sarebbe stato il tempo di evacuare, prima che l' ultima ondata uccidesse da sola 70 persone. Nel 2013 l' ex sindaco di Sarno, Gerardo Basile era stato condannato a 5 anni: tre sono stati cancellati dall' indulto, il resto lo ha scontato ai servizi sociali. Invece per l' alluvione di Giampilieri (Messina) del primo ottobre 2009, in primo grado sono stati condannati due sindaci, ma di risarcimenti alle famiglie dei 36 morti non se ne è neppure parlato. Un disastro che poteva essere evitato, tant' è che Guido Bertolaso, ai tempi sottosegretario alla protezione civile, indicò nell' abusivismo edilizio una «delle concause di quanto avvenuto«. Le altre: «L' abbandono della cura del territorio, la lentezza burocratica nella messa a punto dei piani di protezione ambientale, la riduzione dei fondi destinati alla difesa del territorio«. Il fatto non sussiste - Il 30 aprile 2009, un altro disastro, una tragedia sfiorata. A Piacenza un cedimento improvviso fece precipitare la campata di un viadotto autostradale e le auto che in quel momento lo stavano percorrendo. Non ci furono vittime, ma tre persone rimasero gravemente ferite. Nel gennaio del 2015 cinque imputati (dirigenti della società concessionaria) furono assolti perché il "fatto non sussiste". Secondo l' accusa il cedimento fu causato «da scarsa manutenzione ed incuria», mentre le difese trovarono nel Po il vero colpevole. In quei giorni in piena, il fiume avrebbe smosso i piloni che sorreggevano il ponte. Un evento drammatico, quello di Piacenza, che ricorda il recente crollo del Morandi a Genova, città che nel 2011 e nel 2014 ha subìto due alluvioni. I morti sono stati 20, ma nessuna delle famiglie delle vittime ha ottenuto soddisfazione e non c' è stata nessuna condanna. La stessa umiliante cantilena anche per l' alluvione in Puglia del 2016 (una vittima), per l' inondazione in Sardegna nel 2013 (18 morti), per il fiumi straripati in Piemonte e in Calabria nel 2000 (36 vittime) e nel 1994, la frana in Valtellina costò la vita a 53 persone. riproduzione riservata Passata l' allerta meteo si sono rimessi in movimento i mezzi per poter riprendere la rimozione delle macerie del ponte Morandi finite nell' alveo del torrente Polcevera. Resta invece ancora interdetta tutta l' area area rossa, quella sul lato est del viadotto, provvedimento che impedisce agli sfollati di poter entrare nelle case a recuperare i propri oggetti. A dieci giorni dal disastro parla a Rainews24 Gianluca Alpini, tra i sopravvissuti alla tragedia. Quando è rimasto bloccato nella sua vettura, affacciata sul vuoto, ha pensato alla sua famiglia, e «alla voglia di vivere... Ho sentito la voce di un pompiere, e se non mi trovava lui non so quanto resistevo ancora», spiega il giovane. Il quale dedica un altro pensiero al suo collega che lo aiutava nel fare le consegne. Purtroppo non ce l' ha fatta. Sulle polemiche riguardo l' accaduto, Alpini ha pochi dubbi, e chiede retoricamente: «Ma che controllo c' è stato? Qualcuno deve pagare per quello che è successo». Intanto si fa accesa la contrapposizione sui tempi della demolizione. Per il sottosegretario alle Infrastrutture Edoardo Rixi devono cominciare ai primi di settembre, mentre il procuratore Francesco Cozzi ribadisce che è prioritaria la conservazione della prova se non ci sono problemi di incolumità per le persone. E chi ricostruirà invece il ponte? «Non lo può rifare Autostrade, al massimo ci mette i soldi, ma lo deve fare un' azienda di Stato - ribadisce il vicepremier Luigi Di Maio - così che possiamo controllare la qualità della ricostruzione del ponte. Inoltre stiamo per desecretare i contratti di Autostrade e togliergli le concessioni. E poi siamo poi convinti della nazionalizzazione di Autostrade, perchè l' alternativa è ridare le nostre autostrade ai Benetton». riproduzione riservata I procedimenti giudiziari per queste tragedie non hanno individuato i responsabili I procedimenti giudiziari per queste tragedie non hanno individuato i responsabili I procedimenti giudiziari per queste tragedie non hanno individuato i responsabili. di Marco Bardesono