Trentotto anni fa

Sergio Mattarella, la targa che riapre il caso dell'omicidio del fratello

Matteo Legnani

Sono passati trentotto anni dall'omicidio dell'allora presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella. Per la sua morte sono stati condannati all'ergastolo in qualità di mandanti i vertici della cupola mafiosa siciliana, tra i quali Totò Riina, Michele Greco, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca e Giuseppe Calò, per citare i più tristemente noti. Ma degli esecutori materiali del delitto non s'è mai saputo nulla: i testimoni descrissero l'uomo che in via Libertà sparò a Mattarella come uno "dagli occhi di ghiaccio e dall'andatura ballonzolante". L'uomo, dopo l'omicidio, salì a bordo di una Fiat 127 dove lo attendeva un complice, lui pure mai identificato, e si allontanò rapidamente. A trentotto anni da quel drammatico giorno della befana, il quotidiano La Repubblica scrive come l'attività investigativa sia ripresa febbrilmente, proprio per sciogliere il mistero di chi effettivamente sparò a Piersanti Mattarella. E non è un caso, forse, che ciò avvenga in una momento in cui il fratello della vittima, Sergio, è il presidente della Repubblica in carica, e che il pubblico ministero di turno a Palermo quel giorno fosse Pietro Grasso, fino a pochi giorni fa presidente del Senato. Le indagini vertono sulla targa della 127 con cui il killer e il complice si allontanarono dalla scena del delitto. E la pista è quella "nera", scaturita dal ritrovamento in un covo torinese dei Nar di due targhe automobilistiche tagliate. Era il 26 ottobre 1982, due anni e dieci mesi dopo l'omicidio Mattarella. La prima targa aveva la sigla "PA" (come Palermo) e la seconda "PA 563091", ossia come riporta Repubblica gli stessi numeri, ma composti diversamente, rimasti agli assassini di Piersanti Mattarella, che avevano utilizzato due targhe rubate il giorno prima del delitto per camuffare la 127 utilizzata per la fuga. Leggi anche: Omicidio Piersanti Mattarella, ecco la foto del killer del presidente della Repubblica Come riporta Repubblica, "i killer di Palermo il giorno prima dell' omicidio, avevano prelevato la 127 targata PA 536623. E sempre quel giorno, il 5 gennaio 1980, avevano asportato da una Fiat 124 una targa con questa sigla: PA 540916. Poi avevano "costruito" una nuova targa, con i numeri delle altre due: PA 546623, rimasta attaccata alla Fiat 127 abbandonata dopo il delitto. Dunque, ai sicari erano rimasti questi spezzoni: PA 53 della prima targa e 0916 della seconda. PA 530916. A Torino, invece, i carabinieri trovarono nel covo nero: PA 563091. Come se l' ultimo numero, il 6, fosse stato spostato di posizione e inserito subito dopo il 5 iniziale". E ancora: "Una coincidenza che ha aspetti di stupefacente singolarità, scriveva già nel 1989 il giudice Loris D' Ambrosio, grande esperto di indagini sui neofascisti, in quegli anni in servizio all' Alto Commissariato antimafia. Il giudice D' Ambrosio compilò un corposo dossier sul delitto Mattarella partendo proprio da quelle targhe ( « L' esito dell' accertamento appare di rilievo » ) e avanzando l' ipotesi che ad uccidere il presidente della Regione fossero stati proprio i 'neri'".