Godono soltanto loro
Immigrati, reddito d'inclusione: paga di Stato a 600mila stranieri, un conto salatissimo
Lo hanno chiamato Reddito d’inclusione, ma avrebbero fatto meglio a chiamarlo Reddito d’accoglienza. Perché i primi a poter approfittare del Rei - questo il nome in codice della prebenda che sarà erogata da gennaio - saranno proprio gli immigrati, i quali accederanno alla paghetta di Stato in proporzione molto più alta rispetto agli italiani. Da oggi lo si può dire, perché esiste una stima precisa: a regime e con la platea allargata, su 700mila famiglie che riceveranno il bonifico, ben 168mila - pari a circa 600mila individui - avranno il capofamiglia non italiano. Essendo gli stranieri regolarmente residenti in Italia 5 milioni, significa che uno su otto, tra loro, sarà stipendiato dal contribuente. Sono numeri che si ricavano dalla lettura del Rapporto sulla Politica di Bilancio 2018 appena pubblicato dall’Ufficio parlamentare di Bilancio, l’authority indipendente chiamata a vigilare sui conti pubblici presieduta dall’economista Giuseppe Pisauro. Il Rei sarà concesso mediante carta elettronica prepagata e nella prima metà del 2018 ne beneficeranno poco meno di 500.000 famiglie, ovvero circa 1,8 milioni di persone. Un gruppo familiare in difficoltà economiche, con almeno cinque componenti, avrà sino a 535 euro al mese, e via a scendere. Potranno accedervi i cittadini comunitari e gli extracomunitari con permesso di lungo soggiorno, purché risiedano nel nostro Paese in modo continuativo da almeno due anni, mentre i titolari di diritto d’asilo e altre forme di tutela internazionale sono equiparati da subito ai cittadini italiani. Quanto ai requisiti economici, bisognerà avere un reddito Isee non superiore ai 6.000 euro e un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, inferiore ai 20.000. Il costo per le casse dello Stato, nel primo anno, sarà pari a 2 miliardi di euro. Sino a giugno il beneficio sarà dato solo alle famiglie che hanno almeno un minore, o una donna in stato di gravidanza, o un disabile, o un disoccupato con più di 55 anni. Dal mese successivo, però, questi paletti saranno tolti e la concessione dell’assegno si baserà solo su criteri economici. A questo punto, come ha spiegato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, la platea dovrebbe arrivare a circa 700mila famiglie, per un numero superiore ai 2,5 milioni di persone. Solo l’inizio, nelle intenzioni del governo e del Pd: per Poletti il provvedimento è una «svolta epocale», ma deve essere finanziato con maggiori risorse. Una delle grandi incognite riguardava proprio la nazionalità dei premiati dal provvedimento. Giorgia Meloni, leader dei Fratelli d’Italia, ha detto che, tramite esso, «dopo l’accoglienza, lo Stato italiano si fa carico anche del mantenimento degli immigrati, che da richiedenti asilo diventano richiedenti di reddito». Mancavano però stime oggettive e ufficiali, che il rapporto dell’Ufficio parlamentare di bilancio adesso ha fornito. Non sono valutazioni di merito, quelle dell’Upb, che peraltro dà un giudizio in sostanza positivo sulla capacità del Rei di contrastare la povertà, ma calcoli fatti applicando i requisiti previsti dalla legge alla popolazione residente nel nostro Paese. A fare la differenza, come prevedibile, è il dato per cui “la povertà assoluta è molto più diffusa tra i cittadini non italiani (il 27,4 per cento dei nuclei con capofamiglia non italiano è povero, contro il 4,5 di quelli con capofamiglia italiano)”. E anche se, per una serie di motivi, “il Rei garantisce un sostegno a quasi la metà dei nuclei poveri con capofamiglia di cittadinanza italiana, contro circa un terzo di quelli con capofamiglia straniero”, alla fine l’indigenza degli immigrati residenti in Italia ha un peso decisivo. “Nel complesso”, scrivono i tecnici di Pisauro, “i nuclei beneficiari del Rei saranno per più di tre quarti italiani, pur non tenendo conto dei requisiti in termini di cittadinanza e residenza previsti dalla normativa, che dovrebbero restringere ulteriormente la platea di cittadini stranieri”. A conti fatti, dunque, l’Upb stima che le famiglie beneficiate dal Reddito di inclusione saranno per il 76% italiane e per il 24% straniere: un immigrato ogni tre italiani, e questo nonostante il rapporto tra gli stranieri e chi ha il passaporto tricolore, sul territorio nazionale, sia di uno a undici. Significa che a luglio, quando la platea dei percettori della mancetta di Stato sarà arrivata ai 2,5 milioni previsti, 1,9 milioni di costoro saranno nostri connazionali e 600 mila stranieri. Detta in modo diverso, quel provvedimento raggiungerà il 3% degli italiani e il 12% degli stranieri residenti in Italia. Resta da fare una considerazione che ovviamente l’Ufficio parlamentare di Bilancio non fa: il governo che promette di far cessare gli sbarchi e migliorare la qualità della nostra immigrazione è lo stesso che garantisce un assegno mensile agli stranieri che, senza un euro in tasca, restano in Italia per almeno due anni. Un incentivo ai disperati di tutto il mondo a venire nel nostro Paese per rimanervi il più a lungo possibile. di Fausto Carioti