Nel Paese dell'allarme-femminicidio

Fuori anche il "branco"Per lo stupro di gruppocarcere non obbligatorio

Matteo Legnani

Siamo il Paese dell'allarme femminicidio. E anche quello che sta (chissà, forse) approvando una legge contro l'omofobia. Ma anche il Paese in cui persone che sono gravemente indiziate del reato di stupro di gruppo possono non finire in carcere, qualora sussistano le condizioni per applicare misure alternative alla custodia cautelare in carcere. Lo ha stabilito oggi una sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità parziale dell'articolo 275 del codice penale, modificato con il decreto legge sullo stalking. Secondo la Consulta, i "gravi indizi di colpevolezza" non rendono automatica la custodia in carcere, ma il giudice puo' anche stabilire che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con misure alternative alla detenzione. Nella sentenza, peraltro, la Corte conferma la gravita' del reato, da considerare tra quelli piu' ''odiosi e riprovevoli''. Ma la ''piu' intensa lesione del bene della liberta' sessuale'', ''non offre un fondamento giustificativo costituzionalmente valido al regime cautelare speciale previsto dalla norma censurata''. Alla base del pronunciamento una questione di legittimita' sollevata dalla sezione riesame del Tribunale di Salerno. La Consulta ricorda in sentenza come ''la disciplina delle misure cautelari debba essere ispirata al criterio del 'minore sacrificio necessario ': la compressione della liberta' personale deve essere, pertanto, contenuta entro i limiti minimi indispensabili a soddisfare le esigenze cautelari del caso concreto". E questo vale anche per il "branco".