Trattativa Stato-mafia
Il testimone e imputato Cianciminoarrestato per evasione fiscale
"Questo arresto improvviso di Massimo Ciancimino mi preoccupa. Molto. Mi preoccupa il tempismo di un provvedimento di custodia che si riferisce a un’inchiesta del 2009 ma arriva proprio all’inizio del processo per la trattativa tra Stato e Mafia. E adesso mi preoccupo per la sua incolumità". Lo dichiara Salvatore Borsellino, fratello del giudicie ucciso da Cosa nostra nel 1992, in un'intervista all'HuffingtonPost. Quindi chiarisce il senso delle sue affermazioni: "La storia delle carceri ci dice che lì dentro è avvenuto e può avvenire di tutto. Ci hanno avvelenato Pisciotta e Sindona, sono stati suicidati parecchi collaboratori di giustizia". E ancora: "Quindi, non voglio essere tragico ma consiglio a Massimo Ciancimino di farsi fare un certificato medico dove si dice che è robusto di cuore e non si possono prevedere infarti, gli consiglio di evitare di bere dei caffè e anche di fare una dichiarazione in cui afferma di non avere alcuna intenzione di suicidarsi". L'arresto - All'indomani dell'apertura del processo per la trattativa Stato-mafia, in cui è imputato ma anche testimone chiave, Massimo Ciancimino è stato infatti arrestato su ordine del Gip di Bologna per associazione a delinquere ed evasione fiscale per 30milioni di euro con l'aggravante dal favoreggiamento di Cosa Nostra. Il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo è stato condotto nel carcere palermitano di Pagliarelli. L'inchiesta della Dda di Bologna ha assorbito un procedimento della Procura di Ferrara, relativo a vari episodi di evasione fiscale che sarebbero stati commessi da Massimo Ciancimino nella sua attività di trader di acciai tra il 2007 e il 2009. Il provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso dalla magistratura bolognese è stato eseguito dalla Guardia di finanza. "Guardacaso, a distanza di quattro anni dai fatti, l'arresto viene ordinaro all'indomani dell'apertura del processo Stato-mafia", ha commentato l'avvocato Francesca Russo, che assiste Massimo Ciancimino. Rapporti con la 'ndrangheta - Ciancimino è uno dei testimoni chiave del processo sulla trattativa tra lo Stato e la mafia in cui è anche imputato di concorso in associazione mafiosa e calunnia all'ex capo della polizia Gianni De Gennaro. E' anche indagato a Palermo per detenzione di esplosivo. L'aggravante inizialmente contestata dai pm a Ciancimino nell'inchiesta sulla maxi-evasione ipotizza suoi rapporti con la mafia calabrese e in particolare con la cosca Piromalli della Piana di Gioia Tauro. L'accusa di evasione fiscale viene contesta a Ciancimino in concorso con il commercialista calabrese Girolamo Strangi. Nei colloqui di con Strangi ascoltati dagli inquirenti, Ciancimino tra l’altro si vantava di essere diventato "un’icona dell’antimafia". L'inchiesta - Secondo i magistrati bolognesi, Ciancimino avrebbe sottratto all’erario 30 milioni di euro con una serie di operazioni finanziarie illecite. E in proposito viene richiamata l’indagine della Dda di Reggio Calabria che alla fine del 2010, intercettando Girolamo Strangi, sospettato di legami con il clan Piromalli, ascoltò sue conversazioni con Massimo Ciancimino, che definiva l’inchiesta "una cazzata". I due si erano incontrati a Verona, dove Ciancimino si era recato da solo lasciando a Bologna, dove viveva la sua famiglia, la scorta che all’epoca lo seguiva. Oggetto del colloquio, la vendita di una partita di acciaio, e in questo contesto Ciancimino avrebbe consgenato a Strangi 100.000 euro per riceverne in cambio 70.000 con un giro di assegni che agli inquireni era apparso sospetto tanto da fare ipotizzare un riciclaggio. Per quest’ultimo reato, peraltro, Massimo Ciancimino è stato condannato in appello a Palermo a 3 anni e 4 mesi in relazione al reimpiego del 'tesoro' di suo padre Vito, un patrimonio le cui tracce si disperdono attraverso molti canali che non sono stati ancora tutti ricostruiti dagli inquirenti. Ma oltre che di affari, a Verona Strangi e Ciancimino avevano parlato anche delle loro vicende giudiziarie. Il commercialista calabrese si era lamentato delle indagini cui era sottoposto dalla Dda reggina, mentre Ciancimino si era vantato dei suoi rapporti con i magistrati della Procura di Palermo che all’epoca raccoglievano sue rivelazioni nell’ambito di varie inchieste circa la trattativa Stato-mafia, il 'papellò con le richieste di Totò Riina, i contatti tra suo padre e ufficiali del Ros dei carabinieri, il suo filo diretto col boss Bernardo Provenzano. Rivelazioni non sempre riscontrate, tanto che Ciancimino, pochi mesi dopo il suo incontro con Strangi, fu indagato per calunnia nei confronti dell’ex capo della polizia, Gianni De Gennaro. Comunque, parlando della sua intervista nella trasmissione televisiva "Annozero", Ciancimino diceva a Strangi: "L'hai vista? Sono un’icona per loro. Se io dico, mi vogliono fottere con una minchiata, mi vogliono coinvolgere e robe varie, loro?.. in gioco io c'ho molto di più di un’inchiesta fiscale. E allora gli dicono a quelli: guardate che è il nostro teste principale d’accusa su quel che è successo negli ultimi vent'anni, non me lo screditate per una cazzata". Così parlava dell’inchiesta emiliana per evasione fiscale per la quale oggi è tornato un’altra volta in carcere, e in cui Girolamo Strangi non è indagato, contrariamente a quello si era appreso inizialmente.