Il caso

Vessato e insultato a scuola davanti a tutti. Quelle umiliazioni, non per colpa dei compagni

Giovanni Ruggiero

L' insegnante della scuola media di Bagnoregio, 59 anni, dunque non una ragazza in difficoltà a tener la classe, no, una docente con alle spalle decenni di pratica, aveva trovato un suo modo per sentirsi potente, per sfogare le sue frustrazioni, per corrompere e trascinare dalla sua gli elementi più fragili tra i suoi alunni. C' è questo ragazzino, con un lieve deficit cognitivo, è lui l' oggetto delle sue attenzioni, il capro espiatorio di ogni cosa che in classe non va, il «deficiente», quello che «puzza», e altre scariche di insulti che, immaginiamo, davano alla professoressa un senso di grande purezza morale. La purezza morale, inoltre, da sola è sterile, quindi va predicata. Ecco che la professoressa, dunque, invitava, anzi, incoraggiava anche i suoi compagni a insultare il «deficiente». Ah! Non c' è nulla che compatti una classe (o una società, e una classe è una società in piccolo formato) come trovare il nemico da disprezzare tutti insieme. Il ritardato, quello che non si lava, l' imbecille, l' imbranato, l' inferiore. Che brava la nostra professoressa della scuola media di Bagnoregio, davvero brava nell' aver trovato l' uovo di Colombo, per evitare il rischio di una classe poco unita, conflittuale o apatica. Poi, però, un colpo di sfortuna. Che ti va a capitare un giorno? A scuola si fa una lezione sul cosiddetto bullismo. E si parla di episodi concreti, fatti che sostanziano che cosa si intende, quando si parla di bullismo. Per esempio (magari non proprio lo stesso esempio, ma qualcosa di analogo) buttare fuori, trascinandolo fuori di peso, dall' aula, un compagno. Ai ragazzi è venuto in mente, allora, quella volta che la loro professoressa li ha invitati a buttare fuori dall' aula il «deficiente». E poi le angherie psicologiche, le punizioni corporali. Come quell' altra volta, in cui la professoressa, che si conferma un caso psicologico da manuale, ha allestito una sorta di processo in classe, dove l' imputato era, manco a dirlo, il puzzone deficiente. I suoi compagni, nel ruolo di aguzzini, lo deridevano e lo colpivano con il righello. Che bello, quando si respira l' odore acre della giustizia popolare. Naturalmente, questo trattamento speciale, ha finito per pesare sulla psicologia del ragazzo variamente torturato, i genitori si sono allarmati, e ai primi di febbraio hanno denunciato i loro sospetti al dirigente scolastico. Ma la cosa particolare, e l' unica bella, di questa squallida vicenda, è che proprio in quella lezione sul bullismo, alcuni compagni hanno preso la parola per denunciare la prof - se l' abbiano fatto per rimorso, per incoscienza, per protagonismo, lasciamo stare ora - dicendo che quei soprusi e violenze che gli venivano raccontati, erano dello stesso tipo di quelli attuati dall' insegnante, che chiedeva anche la loro complicità. Anche gli altri genitori dunque hanno appoggiato i genitori del ragazzo umiliato nella loro denuncia, e la professoressa, implacabile, li avrebbe anche minacciati di ritorsioni sui loro ragazzi. La cosa è finita sul tavolo della procura di Viterbo, e venerdì pomeriggio alla prof, con ordinanza del gip, è stata notificata la sospensione dall' insegnamento. Ora, felici che le sofferenze del ragazzo preso di mira siano terminate, ci restano un paio di considerazioni da fare. Possibile che un simile soggetto psicologico, come la professoressa in questione, possa essere arrivata a 59 anni a insegnare nelle scuole senza che nessuno si avvedesse delle sue inclinazioni sadiche? In passato non c' è stato nulla del genere? E poi, di nuovo, non è bello vedere questa patetica signora della classe, che spandeva terrore, umiliava il debole, tradita proprio da quelli che lei riteneva i suoi ingenui complici, i ragazzi che, sicuramente, godeva a corrompere? Povera illusa. Se lei era riuscita del tutto a tacitare la voce della coscienza, i sensi di colpa, evidentemente nei compagni della vittima non era così, la rivolta covava, e ha trovato il modo di erompere col pretesto della provvidenziale lezione sul bullismo. Giordano Tedoldi