Il dossier

Banca Etruria, tutte le accuse di Bankitalia al papà di Maria Elena Boschi

Giulio Bucchi

Una "gestione inadeguata dei rischi": è questa, in sintesi, l'accusa durissima di Bankitalia a Pierluigi Boschi, allora vicepresidente di Banca Etruria, e ai vertici dell'istituto travolto dal crac e salvato dal governo Renzi, con molti imbarazzi per la figlia del dirigente, il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi. "Fidejussioni del tutto inefficaci nel 91% dei casi", un ufficio della gestione del credito deteriorato "inadeguato", con 550  pratiche a testa per i "soli 19 dipendenti", e ancora un "mancato tempestivo adeguamento delle norme e dei processi", si legge nelle 14 pagine del dossier "riservatissimo" scritto dall'ispettore di Bankitalia Giordano Di Veglia, incaricato tra 11 novembre 2014 e 27 febbraio 2015 di studiare la situazione critica di Banca Etruria, in via di commissariamento. E in quelle pagine il nome di papà Boschi compare due volte. Il rischio di sanzione - Su una scala da 1 a 6, la malagestione dell'istituto è al livello 6, il massimo, e Bankitalia decide sanzioni non solo per l'ex presidente Giuseppe Fornasari (in carica fino al 3 maggio 2014) ma anche per tutti i membri dell'ultimo consiglio di amministrazione pre-commissariamento, dal presidente Lorenzo Rosi ai due vicepresidenti Boschi e Alfredo Berni. Per Boschi, nello specifico, ci sono 11 contestazioni: "carenze nel governo, gestione e controllo dei rischi e connessi riflessi sulla situazione patrimoniale", anomale "politiche e prassi di remunerazione e incentivazione nelle banche e nei gruppi bancari". Se la difesa di Boschi non convincerà i vertici di Bankitalia, per lui arriverà la seconda sanzione dopo quella da 144mila euro del 2012.