Teologo-guru
Toto Papa, c'è anche Ravasi: il monsignore che pontifica per Scalfari
di Camillo Langone No, il Papa di Scalfari no. Uno dei cardinali che le voci romane segnalano insistentemente fra i più papabili vanta come sponsor il fondatore di Repubblica. Com’è possibile che un ateo matricolato straveda per un uomo di Chiesa? Forse perché, al contrario di tanti che non sanno leggere fra le righe e si lasciano accecare dal rosso della veste e abbindolare dall’erudito eloquio, Scalfari lo ha letto e lo ha capito per davvero, Ravasi. Sto appunto parlando dell’ex prefetto della Biblioteca Ambrosiana, del biblista e conferenziere instancabile, del monsignor prezzemolo capace di collaborare a un’infinità di quotidiani, settimanali e televisioni quasi in contemporanea, del capo di un tot di dicasteri vaticani variamente collegati alla cultura e, dulcis in fundo, di un fresco cardinale di Santa Romana Chiesa. Un personaggio poliedrico che, vista l’età relativamente giovane (è nato a Merate, provincia di Lecco, nel 1942), sarà elettore ed eleggibile all’imminente conclave. Una prospettiva inquietante alla luce delle parole di un compiaciuto Scalfari secondo il quale il percorso teologico di Ravasi «mette in discussione l’assolutezza della verità e può condurre al relativismo, alla verità relativa che nasce nella coscienza autonoma di ogni individuo e che conduce verso un rapporto diretto con Dio scavalcando l’intermediazione della gerarchia sacerdotale». Ancora peggio di un nuovo Martini: un Hans Küng travestito da cardinale. Allora avevano visto giusto, i ragazzi di Papalepapale, il blog dei giovani tradizionalisti dove Ravasi viene definito addirittura «non cattolico». Citano un articolo dell’89 uscito sul settimanale del cattosinistrismo che si fa mainstream, Famiglia Cristiana, in cui il futuro porporato parla del processo a Gesù usando termini raccapriccianti: «L’unica documentazione diretta disponibile è quella dei Vangeli. Documentazione che, storicamente parlando, non è ineccepibile, essendo di parte e con finalità più teologiche che rigorosamente storiografiche…». Dicendo in pratica che i quattro evangelisti erano dei fanatici settari a cui faceva comodo confezionare favole devozionali. Roba tremenda, nessuno provi a negarlo, ma anche roba vecchia, effettivamente: e magari nel frattempo ha cambiato idea, è diventato cattolico davvero. Macché: vari anni dopo, sempre sulla molto ospitale Famiglia Cristiana, nega esplicitamente la storicità dei Vangeli invitando a non «credere che Gesù risuscitò Lazzaro da morte, nel modo e nei particolari descritti da Giovanni». Il più fitto mistero del Vaticano non è lo Ior e nemmeno l’ubicazione reale della tomba di San Pietro ma il motivo per cui l’autore di queste frasi è stato fatto cardinale. Per giunta da un Papa che da sempre (anche nell’ultimo, commovente, “L’infanzia di Gesù”) insiste a considerare i Vangeli storia e non mito. Molto meno misterioso, anzi comprensibilissimo, che un simile miscredente susciti l’ammirazione di Scalfari e degli altri atei di potere che non mancano mai di affollare i convegni ravasiani. La scorsa estate, ad Assisi, c’era sul palco perfino Napolitano. “Dio, questo sconosciuto” era il titolo dell’incontro e naturalmente non si è cavato un ragno dal buco: sconosciuto era e sconosciuto è rimasto, almeno per coloro che oggi tifano Ravasi restando accuratamente fuori dalla Chiesa. Sono, guarda caso, gli stessi che nel 2005 tifavano Martini. Fra il papabile di ieri e il papabile di oggi le somiglianze sono tante, non limitandosi certo all’affettuosa propensione verso i giornali di sinistra. Ma almeno una differenza c’è: le pagine di Martini facevano pensare a un uomo che aveva perso la fede, quelle di Ravasi a un uomo che la fede non l’ha mai trovata. In questo frangente epocale di tutto la Chiesa ha bisogno tranne che di un Papa da dibattito, di un Papa relativista che non crede fino in fondo nel Vangelo che annuncia: sono pertanto certo che lo Spirito Santo ci risparmierà Papa Ravasi. A meno che non decida di convertirlo poco prima della fumata bianca: miracolo davanti al quale ammirato mi inginocchierei.