Il caso
Busto Arsizio, soldi per aiutare i profughi: loro li spendono in scommesse
«Quell’incontro è una presa in giro». Roberto Maroni, presidente di Regione Lombardia, non le manda certo a dire, nemmeno al ministro Alfano. Così, ieri, ha fatto sapere che lui al vertice istituzionale per l’accoglienza dei profughi proprio non ci avrebbe messo piede: a rappresentare la Rosa Camuna sono stati gli assessori Bordonali e Garavaglia, ma il vertice del Pirellone proprio no. Il motivo? «Ci convocano per decidere come distribuire i clandestini e poi, due giorni prima, fanno una circolare che ordina ai prefetti di assegnarli». Come a dire, appunto, ci prendono per i fondelli. E intanto scoppia la polemica sulle politiche di integrazione made in Italy. Nel senso: molti degli immigrati che sbarcano in Sicilia e poi arrivano (anche) in Lombardia usano gli aiuti giornalieri che ricevono per scommettere sulle partite di calcio. O per giocare al Lotto. Più raramente per sfidare la dea bendata con un gratta&vinci. Sì, perché il governo dà loro un tetto sotto cui stare, servizi per integrarsi e qualche spiccio per far fronte alle spese quotidiane. Giusto aiutare chi ha bisogno. Eppure a Busto Arsizio succede che quella paghetta giornaliera (non è molto: meno di tre euro) non venga sempre usata per prendere qualche bene di prima necessità. Nossignori. Viene investita in ricevitoria. Se ne è accorto Giampiero Reguzzoni, vicesindaco della città in quota Lega Nord, una mattina facendo colazione al bar. «Li ho visti lì», racconta: «Io bevevo il caffè e intanto c’erano quattro o cinque profughi che scommettevano». Allora li ha seguiti e si è ritrovato di fronte alla palazzina che, a Busto, ospita proprio loro: i migranti dell’emergenza sbarchi. Non succede solo in provincia. Il dubbio è che accada anche a Milano, basta fare un giro per le lottomatiche e i botteghini. Ne abbiamo girati dodici dal centro di Milano a Loreto. E tutti i gestori confermano che sono molti i clienti stranieri. Chi sono? «Per lo più uomini, intorno alla quarantina, africani o comunque di Paesi arabi: spendono due o tre euro alla volta» racconta qualcuno. E, guarda caso, quella è proprio la cifra che ricevono quotidianamente a titolo di aiuto. «Come fai a sgamarli, non siamo mica tenuti a chiedere i documenti», taglia corto un altro. «È comunque gente che gioca pochi spicci e non con regolarità», chiosa un terzo. L’identikit, insomma, sembra proprio combaciare. Va detto, non c’è nulla di irregolare. Per scommettere o comprare un gratta&vinci non serve un documento d’identità. E i profughi non fanno eccezione: possono disporre di quella piccola somma come meglio credono. Certo, però, la fila al botteghino per fare una puntata al Lotto lascia perplessi. Soprattutto se si pensa ai soldi stanziati dal governo per far fronte a quelli che si pensa siano bisogni dei profughi un po’ più impellenti. «Se venisse provato, sarebbe l’ennesima dimostrazione che non dovremmo dar loro nemmeno un euro», commenta Igor Iezzi, consigliere comunale per il Carroccio a Palazzo Marino: «Quelli sono soldi sprecati, che potremmo usare diversamente, magari per i milanesi in difficoltà che certo non li userebbe per scommettere sulle partite di calcio». di Claudia Osmetti