La sentenza
Cassazione: lui ha cambiato sesso, ma il matrimonio resta valido
Chi cambia sesso conserva "diritti e doveri" conseguenti al "vincolo matrimoniale legittimamente contratto". Così la prima sezione civile della Cassazione, applicando i principi dettati dalla Consulta lo scorso giugno, si è definitivamente pronunciata sul caso della coppia emiliana che, dopo il cambio di sesso effettuato dal marito nel 2009, si era opposta alla cessazione degli effetti civili del matrimonio annotata nel registro degli atti del Comune di Bologna. La Suprema Corte ha così accolto il ricorso presentato dalla coppia, sottolineando che "la conservazione dello statuto dei diritti e dei doveri propri del modello matrimoniale" è tale "fino a quando il legislatore non consenta" ai due "di mantenere in vita il rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata che ne tuteli adeguatamente diritti ed obblighi". Nessun divorzio imposto - La Cassazione è partita dalla decisione della Consulta dell’11 giugno 2014 che aveva stabilito che la norma che prevede l’annullamento del matrimonio (legge 164 del 1982 che contiene le norme in materia di cambio di sesso e che fa scattare il cosiddetto "divorzio imposto") nel caso in cui uno dei due coniugi cambi sesso è incostituzionale, perché non prevede per la coppia che voglia continuare una vita assieme un’altra forma di convivenza giuridicamente regolata, un’unione alternativa a cui deve prevedere il legislatore. Una porta spalancata a favore delle unioni civili sulla quale oggi è intervenuta nuovamente la Cassazione (è la seconda volta che si pronuncia sulla vicenda, la prima volta è accaduto nel 2012), invitando il Parlamento a legiferare. Diritto costituzionale - La Suprema Corte, nelle motivazioni redatte da Maria Acierno, ha ricordato che "un sistema legislativo che consenta soltanto alle coppie eterosessuali di unirsi in matrimonio può legittimamente escludere che si possano mantenere unioni coniugali divenute a causa della rettificazione del sesso di uno dei componenti non più fondate sul predetto paradigma". Detto questo, la Suprema Corte ha messo nero su bianco che "ciò che non può essere costituzionalmente tollerato, in virtù della protezione costituzionale di cui godono le unioni tra persone dello stesso sesso, è che per effetto del sopravvenuto non mantenimento del modello matrimoniale tali unioni possano essere private del nucleo di diritti fondamentali e doveri solidali propri delle relazioni affettive sulle quali si fondano le principali scelte di vita e si forma la personalità sul piano soggettivo e relazionale". Da qui la decisione di piazza Cavour di ritenere "autoapplicativa e non meramente dichiarativa" la pronuncia. Nozze gay - La Cassazione ha chiarito a più riprese nella sentenza che non si tratta di estendere il modello di unione matrimoniale alle coppie gay, tuttavia è necessario garantire i diritti. "Tale opzione ermeneutica", si legge nelle motivazioni, "è costituzionalmente obbligata e non determina l’estensione del modello di unione matrimoniale alle unioni omoaffettive, svolgendo esclusivamente la funzione temporalmente definita e non eludibile di non creare quella condizione di massima indeterminatezza stigmatizzata dalla Corte Costituzionale in relazione ad un nucleo affettivo e familiare che, avendo goduto dello statuto matrimoniale, si trova invece in una condizione di assenza radicale di tutela".