Scandalo in Regione
Il vibratore della consigliera Dem rimborsato due volte
Un ex collaboratore di Rita Moriconi. Sarebbe lui ad aver acquistato in un sexy shop di Reggio Emilia, il 29 novembre 2010, il sex toy poi finito nelle spese da rimborsare a nome della consigliera regionale del Partito democratico. Una spesa per la quale la Regione ha effettuato addirittura due rimborsi: uno per lo scontrino fiscale emesso dalla cassa dell’esercizio commerciale; l’altro per la ricevuta del Pos, essendo l’«attrezzatura», come è stato definito il sex toy (un vibratore) dalla procura di Bologna nell’avviso di conclusione indagini, stata pagata con il bancomat. La data è la stessa, infatti, mentre l’orario varia di tre minuti, il tempo che di solito intercorre per la stampa dei due documenti di vendita. Totale del doppio rimborso: 167 euro. Fatto sta che ieri Rosario Genovese, già componente dello staff di Moriconi, secondo quanto rivela il Resto del Carlino, è andato in Procura per rendere dichiarazioni spontanee ai pm titolari dell’indagine, che lo convocheranno nei prossimi giorni. L’ex collaboratore, che ha lavorato con la consigliera democratica dal 2010 al 2013, avrebbe usato il proprio bancomat personale per l’acquisto (83,50 euro): «Sono io che ho effettuato quella spesa, per me». «Rimborsata per sbaglio» - Un regalo-scherzo per un amico, si è difeso l’uomo. Peccato, però, che il gadget erotico sia poi finito tra le richieste di rimborso come spese effettuate da Moriconi, che però ha sempre negato di aver mai effettuato l’operazione: «Io non sono mai entrata in un sexy shop». «Un grave, gravissimo errore», ha ammesso Genovese, secondo cui il doppio scontrino sarebbe finito a rimborso per sbaglio. La spesa, ha ricostruito in una nota l’ex collaboratore di Moriconi, è «mia personale, fatta per acquistare oggetti atti al confezionamento di un regalo-scherzo per un amico che di lì a poco avrebbe compiuto gli anni, quindi non riferibile a spesa che io possa avere fatto mentre ero in missione o per attività legate alla mia attività di collaboratore del gruppo consigliare Pd e della stessa consigliera Moriconi». La spesa fa parte della somma contestata al gruppo consiliare del Pd dalla procura di Bologna che ammonta, in totale, a oltre 1,1 milioni di euro. Le due versioni - Moriconi è indagata con altri 40 consiglieri regionali (più una collaboratrice del gruppo misto) per peculato nell’ambito dell’inchiesta sulle spese dei gruppi consiliari. All’ex capogruppo del Pd, Marco Monari, gli inquirenti contestano rimborsi per complessivi 940mila euro, di cui 25mila in ristoranti. A suo nome ci sono spese per locali di lusso come Le Calandre di Padova o L’Ostrica di Roma. A Moriconi, invece, i magistrati chiedono lumi su 17.521 euro, di cui 6.600 in ristoranti e 4.500 in ricariche telefoniche. Tra le spese, appunto, ci sono gli 83,50 euro pagati alla Bis Srl, società cui fa riferimento il sexy shop alla quale la Guardia di Finanza è risalita dalla partita Iva. La consigliera democratica, dopo aver negato l’esistenza dello scontrino incriminato, ha cambiato versione affermando di non poter escludere che la richiesta di rimborso possa essere stata presentata da un componente del suo staff. «Negli atti c’è effettivamente una voce che non mi risulta, che non so cosa sia. Non escludo più niente So per certo che non l’ho fatta io. Se è stata fatta da qualcuno, non lo so». Quindi l’affondo: «Se è stato uno dello staff non solo lo caccio, ma non voglio più sapere dove sta di casa». di Tommaso Montesano