L'ultima ricostruzione

Yara Gambirasio, la perizia: "Fu uccisa altrove e da più persone"

Andrea Tempestini

Mentre Massimo Bossetti resta in carcere, spunta una nuova ricostruzione su quanto sarebbe potuto accadere a Yara Gambirasio, uccisa il 26 febbraio 2010. La piccola di Brembate Sopra potrebbe essere stata uccisa non nel campo di Chignolo d'Isola, dove è stata trovata senza vita, e a infierire sul suo corpo sarebbe stata più di una persona. Lo scenario viene tratteggiato dal criminologo investigativo Ezio Denti, che recentemente è entrato a far parte del pool difensivo di Bossetti, in carcere a Bergamo dallo scorso 16 giugno accusato dell'omicidio della giovane ginnasta. "Come poteva da solo?" - Secondo Denti sono "molti e forti gli elementi di cui ancora non si è avuto riscontro" dagli atti. "Oltre al Dna, non ci sono evidenze tali da avvalorarne la responsabilità (di Bossetti, ndr), mentre sussistono numerosi elementi non ancora presi in seria considerazione". Secondo il criminologo, in primis, l'omicidio come detto sarebbe avvenuto in un luogo diverso da quello del ritrovamento. Denti si chiede: "Come avrebbe potuto da solo rapirla, spogliarla, aggredirla, rivestirla, occultarne il corpo per poi andarlo a riprendere, trasportarlo e abbandonarlo in un luogo così accessibile e aperto? Non ci sarebbe nemmeno la corrispondenza temporale". Dunque, prosegue, se come dimostra la presenza del Dna, Bossetti ha avuto un qualche contatto con Yara, "è altrettanto probabile che qualcun altro sia coinvolto nell'omicidio e ancora resti nell'ombra, coperto dalla schiacciante evidenza di quella traccia genetica che resiste da mesi al centro della scena giudiziaria e mediatica". "Un gesto volontario?" - Per supportare la sua tesi, Denti cita parecchi elementi, partendo dalla testimonianza dell'elicotterista della protezione civile che sorvolò il campo di Chignolo varie volte senza mai notare il corpo di Yara. "Nonostante si sia recentemente ricostruita la scena, dimostrando che la presenza di un corpo in quel luogo non sarebbe potuta passare inosservata, la sua attenzione non fu mai catturata da nulla che facesse pensare ad una persona, tra l’altro vestita di nero e pertanto ancor più individuabile anche in presenza di neve", sottolinea Denti. Quindi il fazzoletto, trovato a pochi metri dal cadavere e intriso di sangue. Si chiede il criminologo: "Quel fazzoletto può essere rimasto lì per così tanto tempo senza deteriorarsi, oppure è stato lasciato volontariamente in occasione del ritrovamento della ragazza?". Le tracce pilifere - E ancora, l'autopsia, in cui si afferma che è difficile stimare la data di morte e in cui si scrive che le ferite appaiono "inferte con una sconcertante efferatezza". Ancora, l'esperto si domanda: "Come si può pensare che tutto ciò sia avvenuto senza che gli indumenti si tagliassero e macchiassero di sangue. E se Yara fosse stata prima spogliata e poi rivestita, è possibile che tutto ciò sia avvenuto nel luogo di ritrovamento?". E ancora Denti rimarca come sugli indumenti di Yara non siano state trovate tracce di incisione né di sangue. "Perplessità", poi, per la posizione in cui è stato ritrovato il corpo: "Se Yara avesse avuto la possibilità di reagire, cioè non fosse stata priva di sensi, avrebbe istintivamente assunto una posizione rannicchiata, sia per difendersi dal freddo che per un atteggiamento di autodifesa. In realtà il corpo è stato trovato supino, disteso con le braccia sopra il capo. Anche questo potrebbe indicare che sia deceduta altrove, magari in seguito ad un’aggressione alle spalle, con un impatto del viso a terra che ne abbia determinato la frattura degli zigomi e la perdita di conoscenza". Infine quella che Denti ritiene l'indicazione più importante, quella che si trae dalle tracce pilifere ritrovate sul corpo della ragazza: dieci peli umani, due dei quali attribuiti a una stessa persona, ma "nessuno - rimarca il criminologo - è riconducibile a Bossetti".