In carcere

Yara, lo sfogo in lacrime di Massimo Bossetti: "Per loro sono già colpevole"

Gian Marco Crevatin

Massimo Bossetti era fiducioso: "Riabbraccerò i miei figli" aveva detto, ora però tutto sembra complicarsi, niente uscita, un'altra bocciatura, e i giorni di cella diventano 127, in isolamento. In quel momento, il primo e unico indiziato per l'omicidio di Yara Gambirsio si è lasciato andare a un pianto disperato: quelle 23 pagine dell'ordinanza del Tribunale del Riesame suonano ora come un anticipo di ergastolo, come scrive oggi, 21 ottobre, Repubblica: "Se il prevenuto fosse messo in libertà potrebbe, assai facilmente, aggredire altre altre giovani con la stessa disinvoltura". Per i difensori di Bossetti, in questo modo "si perdono le speranze di un processo giusto, e questo lo sta uccidendo ogni giorno di più". La reazione - "Gli ho detto quel che dovevo e ho visto subito un uomo disperato, senza possibilità di consolazione - racconta l’avvocato Salvagni -. È una persona sull'orlo del baratro". Alle lacrime, l’indagato Massimo Giuseppe Bossetti ha aggiunto le parole: "Sono davvero convinti che quel Dna sia mio, e questo per loro basta. Ma allora davvero non posso fare nulla per ribaltare questa situazione e tutto quel che mi sta succedendo?". A tratti la disperazione è sembrata rassegnazione anche se "in realtà ha dimostrato di voler reagire", ha raccontato il legale. "Devo continuare a lottare - avrebbe detto il carpentiere di Mapello - ho una moglie e tre figli, devo continuare a lottare anche per loro". L'ordinanza - Oltre alla "prova regina", mai smontata dalla difesa, e cioè il "rintraccio sul cadavere dell'offesa di materiale biologico, diffuso sugli slip e sui leggins", il Tribunale ritiene che persista in Bossettti "il rischio di recidiva", considerate le "crudeli modalità" dell'omicidio. "Non solo l'autore del delitto agiva in orario serale, approfittando del buio e del percorso solitario di ritorno a casa di una tredicenne inerme, ma anche si accaniva sulla vittima con plurime coltellate e la abbandonava agonizzante in area sterrata, tanto che la morte sopraggiungeva per l'effetto congiunto delle numerose lesioni da taglio e dell'ipotermia". Il cellulare - In più, in base alle celle telefoniche, secondo il Tribunale del Riesame "non sono smentiti gli assunti per cui il giorno del delitto l'indagato gravitava nei pressi ed era in condizione di avvicinare la parte lesa". Questi sono comunque solo elementi di contorno: in questo senso insomma, il Dna basta e avanza come prova pesantissima di colpevolezza. E siccome Bossetti nei suoi interrogatori "aveva negato qualsiasi conoscenza o contatto con la vittima", l'unico momento del "contatto tra i due soggetti è avvenuto al momento dell'aggressione". La sorella - Ieri la sorella Laura Letizia a "La vita in diretta" ha dichiarato che Bossetti "viene giudicato per quello che non è, lui è innocente". Ora l'accusato dell'omicidio di Yara può ripartire solo da lì, con una consapevolezza devastante: non uscirà dal carcere nei prossimi mesi e in cella si vedrà recapitare, probabilmente, anche la richiesta di rinvio a giudizio. Salvo colpi di scena in Cassazione.