Il giallo all'ospedale Umberto I di Lugo (Ravenna)

Arrestata infermiera, selfie col cadavere e 38 morti sospette

Lucia Esposito

Rosa Calderoni era stata ricoverata per un problema di salute legato al diabete. Un malanno non grave e ritenuto normale per una donna di 78 anni, già ospite da tempo di una casa di riposo. Poi, l’8 aprile, la morte per arresto cardiaco in un letto dell’ospedale Umberto I di Lugo, comune di 32mila abitanti in provincia di Ravenna. Un decesso inaspettato, quasi quanto l’esito dell'autopsia disposta dal pm: nel corpo dell’anziana c’era una quantità insolita e letale di cloruro di potassio, una sostanza che si usa per le esecuzioni capitali. È iniziata così l’indagine del nucleo investigativo dei carabinieri che ieri ha eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere destinata a Daniela Poggiali, infermiera di 42 anni che lavorava all’Umberto I. Deve rispondere di omicidio volontario aggravato. Secondo gli investigatori potrebbe essere un’assassina seriale e per questo stanno indagando su altre 38 morti sospette registrate nello stesso reparto dove prestava servizio la Poggiali. Di queste, dieci avrebbero un profilo «di potenziale riscontro» interessante. «Gli accertamenti a ritmi serrati sono iniziati a partire da venerdì scorso», ha dichiarato il procuratore capo di Ravenna, Alessandro Mancini, che ha definito l’indagine «estremamente complessa e delicata, dall’esito non scontato». «Gli attuali pazienti del nosocomio» ha spiegato, «non corrono nessun pericolo, se non altro perché la persona indagata non è attualmente in servizio». La donna, inoltre, avrebbe posato accanto ai corpi di alcuni pazienti morti (per questo deve rispondere anche di vilipendio di cadavere). Un rito macabro che sarebbe stato confermato da una sua collega, che agli investigatori ha ammesso di aver scattato una delle foto proprio su richiesta della 42enne. Perché abbia accettato è un’altra storia. I carabinieri preferiscono concentrarsi sulla vita privata e professionale della Poggiali, che durante le indagini e durante l’arresto ha mantenuto la freddezza e l’imperturbabilità dimostrata dal primo momento. Proprio nel suo profilo psicologico si cerca il movente per quelle morti. L’ipotesi è che si tratti di «anticipazione del decesso naturale» di pazienti terminali, di pazienti considerati di «difficile gestione» o di pazienti con parenti «pressanti». Ma, attenzione, la finalità «umanitaria» o di eutanasia è stata completamente esclusa. Ci sono pochi dubbi anche sulla possibilità che l’autore sia una terza persona. Nella stanza della Calderoni c’erano molti testimoni e tutti hanno dichiarato che l’unica a essersi avvicinata al letto della 78enne è stata la Poggiali, che avrebbe iniettato la sostanza nel deflussore della flebo. Escluso, infine, l’errore umano nella somministrazione del potassio. È impossibile per il semplice fatto che non è un farmaco che si trova abitualmente nel carrello a disposizione degli infermieri e, anzi, proprio a causa della sua pericolosità è conservato in un’area riservata dell’ospedale. Il potassio è utilizzato per uccidere i condannati a morte mediante iniezione e ha la caratteristica di sparire velocemente dall’organismo. La sostanza perfetta per un omicidio. di Salvatore Garzillo