Patrimonio a rischio

Toscana e la guerra del vino: moglie assessore e marito professore dietro la campagna anti-vigne

Giulio Bucchi

Qualcosa si muove, ma a passi piccolissimi. La «guerra del vino» in Toscana, scoppiata per evitare l’approvazione del Piano Paesaggistico (secondo cui le celebri vigne che danno il Chianti, il Brunello, il Nobile e decine di altre varietà di vino sono troppe, banali e dannose per territorio e paesaggio), ha visto ieri andare in scena un primo incontro esplorativo a Rocca delle Macìe. Al tavolo era seduto il professor Paolo Baldeschi, responsabile del coordinamento dei docenti universitari che hanno lavorato alla parte conoscitiva del Piano, il famigerato Pit: di fronte a lui il presidente del Consorzio Chianti Classico, Sergio Zingarelli, il sindaco di Castellina in Chianti, Marcello Bonechi, il rappresentante di Giacomo Trentanovi, sindaco di Barberino d’Elsa, il responsabile agricoltura del comune di Greve e una ventina di produttori. Non era un plotone d’esecuzione: piuttosto, la fitta delegazione ha spiegato ancora una volta come il Piano sia del tutto illogico e zeppo di passaggi da sistemare o addirittura eliminare: «Non possono non farlo», esclama Zingarelli, «sarebbe assurdo che lasciassero il testo così com’è». Ma da dove esce il Piano Paesaggistico tanto contestato? Dal lavoro di esperti e accademici riuniti nel Centro Interuniversitario di Scienze del Territorio, nato nel giugno 2011 da un accordo tra i principali Atenei ed Istituti toscani (Firenze, Siena, Pisa, Normale e Sant’Anna). A dirigere il lavoro sono il Consiglio Scientifico, il Comitato di Gestione e il direttore, eletto dal Comitato. Il 12 settembre 2011, il Cist e la Regione firmano l’accordo per lavorare alla revisione del Pit, il tutto sancito dall’ «accordo attuativo» del successivo 6 ottobre. L’articolo 6 dell’accordo spiega che il «progetto di ricerca ha un valore stimato di 1.140.000 euro», il cui onere finanziario è stato così «concordemente» suddiviso tra le parti: 1) 620.000 euro corrispondenti ai costi generali di ricerca suddivisi tra Regione e Cist al 50%; 420.000 circa per assegni o borse di ricerca a giovani ricercatori a carico della Regione; 100.000 euro circa per spese vive esterne relative all’elaborazione della ricerca (materiali hardware e software per cartografie, materiale documentale, elaborazioni fotografiche, cartografiche, iconografiche, materiali e servizi per l’organizzazione di incontri, spese di viaggio, servizi specialistici, seminari, spese vive…) a carico della Regione. Le borse e gli assegni per i ricercatori sono poi stati assegnati tramite un bando di concorso. Dunque, Regione e Cist nel 2011 mettono in piedi un progetto da oltre un milione, a quanto pare senza tener conto dei pareri dei diretti interessati, produttori e Comuni. Fra i membri iniziali del Consiglio Scientifico, e in carica fino al 31 dicembre 2012, troviamo Alberto Magnaghi, professore del Dipartimento di Urbanistica e Pianificazione del Territorio dell’Università di Firenze, nome noto sia nel settore dell’urbanistica sia negli ambienti di estrema sinistra per la sua lunga militanza politica, oltre ad essere il responsabile del Piano paesaggistico adottato dalla Puglia di Vendola nel 2013 (ovviamente all’insegna della lotta alla cementificazione selvaggia e al degrado). Particolare: il professor Magnaghi è anche il marito dell’assessore all’Urbanistica e pianificazione del Territorio della Regione Toscana, Anna Marson (eletta con l’IdV e in carica dal 27 aprile 2010), la principale sostenitrice del Pit toscano che già nel 2011 aveva dovuto fare i conti con un’interrogazione firmata dai consiglieri Udc Marco Carraresi e Giuseppe Del Carlo: «Marson finanzia un progetto nel quale è coinvolto il proprio coniuge», l’attacco dell’Udc. Interpellata da Libero, Marson sottolinea come «la collaborazione di mio marito era a titolo del tutto gratuito così come quella di tutti gli altri docenti, l’unico stipendio che percepiva era quello “canonico” dell’Università. Nel 2012 c’è stato un altro question time in Consiglio in cui è stato chiarito tutto». Eppure, assessore, giornali di area ben diversa da Libero non avrebbero impiegato molto a gridare al conflitto di interessi e attivare la macchina del fango. «Ma non l’ho mica scelto io mio marito, era lì perché professore universitario», la replica. E con il governatore Rossi, riguardo alle tante critiche mosse al Pit, c’è qualche incontro in programma? «Per il momento no, stiamo solo approfondendo». di Tommaso Lorenzini @Texbomb