I paradossi dell'istruzione

La scuola italiana è razzista: al Nord più bravi e con voti più bassi

Giulio Bucchi

  di Mario Giordano E la bibliografia del Manzoni? «Non esiste», rispose lo studente. Ma come non esiste? «C’è scritto sul libro». Non è possibile. «Glielo giuro prof». Ti stai sbagliando. «Prof le faccio vedere il libro: vede?». Vedo. «Qui c’è scritto che la bibliografia del Manzoni è sterminata. È sterminata, capisce? Dunque è morta. Non c’è più». Tranquilli: gli studenti che confondono la bibliografia del Manzoni con le tribù navajos (entrambe sterminate) o i loro colleghi ancora convinti che Philadelphia sia la capitale del formaggio Kraft e Tiepolo il fratello di Brontolo, possono dormire sonni sereni. Se si iscrivono ad una scuola superiore in Calabria, infatti, hanno buone possibilità di uscire con il 100 e lode. Anche se continuano a pensare che l’illuminismo sia cominciato con l’Enel e che il franchismo prenda il nome da Pippo Franco. Il rapporto sulla qualità dello studio, presentato da Tuttoscuola, rilancia infatti uno dei paradossi più velenosi della nostra scuola: tutti i test sulla qualità della preparazione dicono che gli studenti eccellenti sono al Nord, e in modo particolare in Lombardia, ma se si guardano i voti della maturità si scopre che il record è in Calabria, dove i punteggi massimi (100/100) sono quasi il doppio rispetto alla media nazionale. Com’è possibile? Com’è possibile che gli studenti di Catanzaro o di Cosenza quando si trovano davanti un test Ocse-Pisa o Invalsi, cioè uno degli strumenti normalmente usati in Europa per misurare la preparazione scolastica, balbettino impreparati e quando invece si tratta di dare l’esame finale del loro liceo si trasformano in preparatissimi secchioni? «Geni in Erba a Crotone e geni incompresi a Friburgo o Amsterdam? Andiamo!»,  sbottava già qualche tempo fa Ernesto Galli Della Loggia. E fu l’ex ministro del centrosinistra Luigi Berlinguer a sollevare il problema: «Esiste una questione meridionale nella scuola italiana? Temo proprio di sì. Nel passato un liceo del Sud aveva un livello di preparazione analogo al confratello milanese. Oggi non è più così». La minor preparazione degli studenti del Sud è certificata, come dicevamo, da tutte le prove riconosciute a livello internazionale. Nel test Ocse Pisa sulla lettura, per dire, i ragazzi della Lombardia si piazzano al settimo posto nella classifica generale, subito dopo il Canada, quelli della Calabria invece sono addirittura 45esimi dopo Turchia, Serbia e Cile, ad un passo da Trinidad e Tobago. Nel test Ocse Pisa sulle conoscenze matematiche, gli studenti della Lombardia si piazzano al 14esimo posto, subito dopo Cina e Nuova Zelanda, quelli del Sud sono invece 40esimi dopo Lituania e Lettonia, appena prima dell’Azerbaijan. E i test Invalsi danno lo stesso risultato: nelle scuole in Lombardia si ottengono risultati superiori alla media sia nella prova di italiano sia in quella di matematica; in entrambe le prove le scuole della Calabria si piazzano invece agli ultimi posti. La situazione è sempre quella denunciata dal Quaderno Bianco del ministero dell’Istruzione nel 2007: «Tutte le indagini internazionali convergono nel mostrare che nel Sud uno studente su 5 non è in grado di affrontare i  compiti più elementari e di routine in matematica, uno su 7 non è in grado di affrontare quelli in italiano…». E allora, se questa è la situazione, voi capite la sorpresa quando, anno dopo anno, si scopre che la maggior concentrazione di 100 e lode all’esame di maturità si registra proprio nelle regioni del Sud, Puglia e Calabria su tutte. E che il maggior numero di punteggi massimi si verifica proprio nelle scuole di Crotone, Reggio Calabria o Cosenza. È stato così anche quest’anno: la percentuale di candidati che ha superato l’esame di Stato con 100/100 è stata del 7,7 per cento in Calabria contro il 4,4% della media nazionale. La lode è stata ottenuta dallo 0,8% dei maturandi calabresi contro lo 0,3% di  quelli della Lombardia (l’anno scorso era dell’1,4 contro lo 0,45%). C’è, per dire, un liceo scientifico di Reggio Calabria, il Leonardo Da Vinci, che in tre anni ha totalizzato una cinquantina di 100 e lode (in un solo liceo! Per avere un’idea: in tutti i licei di Milano nel 2012 le lodi sono state 24…). E allora, ancora una volta, la medesima domanda: com’è possibile? Gli studenti più bravi  escono dalla scuola con i voti peggiori, quelli meno preparati invece conquistano il massimo del punteggio. Non è insostenibile? Ci sono asini cum laude che continuano a pensare che in Turchia si parli il turchese e che Siracusa fosse una città della mangiagrecia, magari sono convinti che il Togo sia un biscotto ricoperto di cioccolato che confina con il Perù, però poi all’esame di Stato brillano con punteggi da Pico della Mirandola. «Lo sappiamo che abbiamo molte lagune», mi hanno scritto una volta per lamentarsi alcuni studenti calabri. È vero: hanno molte «lagune». E voti molto alti, però. Si tratta, come dicevamo, di un problema storico della scuola italiana, ben conosciuto e più volte denunciato. Sorprende che, anno dopo anno, nuove ricerche e nuove statistiche ce lo ripropongano in tutta la sua interezza, senza che nessuno sia mai riuscito nemmeno a scalfirlo. Anzi: nel frattempo si è trasformato. E ingigantito. Se fino a qualche tempo fa questa degli studenti più bravi poteva essere una mera questione di ingiustizia, adesso diventa un problema di sopravvivenza: con la crisi i posti di lavoro si riducono. C’è il rischio che uno studente bravo sia sopravanzato, in un concorso a titoli, da un suo collega che è meno preparato, ha studiato molto meno ma può vantare un risultato curriculare assai migliore. «Bisogna intervenire», dice il Provveditore di Milano. D’accordo. Non si potrebbe, per esempio, adottare un test uniforme anche per attribuire il voto di maturità? All’Università della Calabria, qualche settimana fa, hanno proposto la prova Invalsi alle matricole: su 647 candidati solo 55 l’hanno passato. Chissà quanti dei bocciati erano neo-diplomati nei licei calabresi con il massimo dei voti. E chissà quanti di loro, dunque, in un concorso pubblico sarebbero impunemente passati davanti ai colleghi milanesi.