Il rapporto

L'Antimafia contro Ilda Boccassini e le toghe di Milano: fanno quello che vogliono

Giulio Bucchi

Di fronte alla Settima Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura, lo scorso 6 maggio, è andato in scena un nuovo capitolo della saga di guerra sui pm della procura di Milano. Nel mirino Ilda Boccassini, a capo della Dda milanese, riconosciuta una fuoriclasse dei processi ma con scarsa propensione alla collaborazione con i colleghi, soprattutto quelli della Dna, Direnzione nazionale antimafia, con i quali invece lo scambio di informazioni investigative dovrebbe essere chiaro per una corretta gestione delle inchieste. A puntare il dito contro di lei, ancora una volta, è il sostituto procuratore nazionale Antimafia Filippo Spiezia, che conferma parola per parola tutte le criticità già messe nero su bianco nella Relazione annuale che tanto aveva fatto arrabbiare Ilda la rossa e che gli sono valse la sostituzione (nell’ottobre 2013), con la collega Anna Canepa, che già lo aveva preceduto in quel ruolo di collegamento tra Dna e Dda. «Da quando è tornata lei come magistrato di coordinamento niente più tensioni tra di noi», ha assicurato il procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti, pure lui audito il 6 maggio dal Csm. Ma la versione di Spiezia conferma un quadro poco sereno tra le toghe in questione. Con la procura di Milano gelosa custode delle inchieste più delicate e scottanti. Leggi l'articolo integrale di Brunella Bolloli su Libero in edicola oggi, giovedì 15 maggio