Il caso
L'Ilva chiude gli stabilimentiA casa tutti gli operai
Dopo gli arresti di sette politici e funzionari diposto dalla magistratura, l'Ilva ha deciso di chiudere gli stabilimenti e di lasciare a casa cinquemila operai, i cui badge sono già stati disattivati. Il provvedimento di sequestro emesso oggi dal gip di Taranto, si legge in una nota della'azienda, "comporterà in modo immediato e ineluttabile l’impossibilità di commercializzare i prodotti e, per conseguenza, la cessazione di ogni attività nonché la chiusura dello stabilimento di Taranto e di tutti gli stabilimenti del gruppo che dipendono, per la propria attività, dalle forniture dello stabilimento di Taranto". La Società, si legge ancora, "proporrà impugnazione avverso il provvedimento di sequestro e, nell’attesa della definizione del giudizio di impugnazione, ottempererà all’ordine impartito dal gip di Taranto". La questione ambientale - "Per chiunque fosse interessato - prosegue la nota aziendale - Ilva mette a disposizione sul proprio sito le consulenze, redatte da i maggiori esponenti della comunità scientifica nazionale e internazionale, le quali attestano la piena conformità delle emissioni dello stabilimento di Taranto ai limiti e alle prescrizioni di legge, ai regolamenti e alle autorizzazioni ministeriali, nonchè l’assenza di un pericolo per la salute pubblica. Ilva ribadisce con forza l’assoluta inconsistenza di qualsiasi eccesso di mortalità ascrivibile alla propria attività industriale, così come le consulenze epidemiologiche sopraccitate inequivocabilmente attestano". Le colpe del governo - La decisione della proprietà, già annunciata la scorsa settimana, non è un fulmine a ciel sereno ma arriva al termine di mesi caldissimi, passati attraverso decisioni del Tribunale, perizie, minacce, contro-perizie. Se pm e giudici hanno usato il pugno di ferro, spicca però anche l'assenza totale del governo. Ad agosto, nel pieno della bufera, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà aveva annunciato l'intenzione dell'esecutivo di fare ricorso alla Consulta sollevando il conflitto d'attribuzione per contestare i provvedimenti della magistratura che aveva bloccato gli impianti tarantini. Una minaccia, appunto, e niente più, perché sotto sotto nessuno a Palazzo Chigi e dintorni era convinto che il Tribunale di Taranto avrebbe mantenuto salda la sua linea dura. Il dialogo, alla fine, non c'è stato e chi doveva favorirlo è rimasto muto. Le reazioni - Via Twitter, il governo ha convocato a Palazzo Chigi una riunione con le parti sociali e le istituzioni. E mentre la Fiom aveva annunciato uno sciopero in caso di mancata convocazione, il ministro dell'Ambiente Corrado Clini ha tuonato tardivamente contro la decisione della magistratura: "Dobbiamo verificare se è in conflitto con il risanamento che sta procedendo attraverso l'Aia". "La seconda parte dell'Aia è stata avviata oggi e il provvedimento non prevede fermate se non per il processo di risanamento e non pone problemi ambientali". "La speranza - ha auspicato Clini - è che non ci siano ostacoli al processo di risanamento". Grave l'allarme lanciato da Confindustria: "La chiusura dell'Ilva sarebbe un evento gravissimo per tutto il sistema industriale italiano, conseguente ad un vero e proprio accanimento giudiziario nei confronti dell’azienda". "C'è una contraddizione evidente tra il percorso delineato dall'Aia, sul quale l'Ilva stava lavorando seriamente con ingenti investimenti - continua la nota -, e le decisioni della magistratura. Una cosa sono le responsabilità penali, su cui è importante che la giustizia segua il suo corso, altra è la continuità produttiva e aziendale, che non può e non deve essere messa in discussione, così come - prosegue la nota - la riqualificazione ambientale del territorio tarantino, che nessuno più porterebbe avanti in caso di abbandono dello stabilimento". In ogni caso, concludono gli industriali, la chiusura dell'impianto tarantino "avrà un costo per la collettività, tra cig e oneri sociali, pari a quasi un miliardo di euro l'anno, mentre la perdita di potere di acquisto sul territorio di Taranto e provincia è stimabile in circa 250 milioni l'anno".