Il caso
Taglia l'orecchio al nipoteperché non va in moschea
di Alessandro Gonzato Lo zio paterno gli ha tagliato con la forbice una parte del lobo dell’orecchio sinistro come punizione per non essersi presentato in moschea il giorno prima in occasione della funzione religiosa. Un barbaro atto di violenza che, secondo il malcapitato, un ragazzino africano di quattordici anni trasferitosi da poco coi genitori ed il fratello più grande ad Arzignano - in provincia di Vicenza - sarebbe stato soltanto l’ultimo di una lunga serie. Stando all’agghiacciante racconto del giovane musulmano, infatti, per lo stesso motivo, lo zio - un assiduo frequentatore della comunità islamica locale - in passato lo aveva già colpito altre volte con un lucchetto di metallo. Il tutto è venuto alla luce dopo che il ragazzino, spaventato per una escalation di violenza che non accennava ad arrestarsi, ha deciso di sfogarsi con i propri insegnanti e con i compagni della scuola media che, in classe, di fronte a quell’orecchio ancora sanguinante gli avevano chiesto spiegazioni. Il giovane non ha mai rinnegato il suo Credo musulmano ma capitava che a volte, complici i compiti da svolgere a casa e gli impegni con gli amici, decidesse di scansare le funzioni in moschea, un po’ come fanno tutti i suoi coetanei di qualsivoglia religione. I professori - che già sospettavano che il minore fosse stato vittima di maltrattamenti nei mesi precedenti - dopo averlo rincuorato, hanno allertato l’azienda sanitaria di Montecchio Maggiore. Ed il direttore medico dell’ospedale di Arzignano dopo aver visitato il ragazzino, a probabile conferma delle vessazioni subite, ha riscontrato sul suo corpo la presenza di due cicatrici: una sulla spalla destra e l’altra sul torace. Il distretto per la tutela dei minori dell’azienda sanitaria ha segnalato immediatamente il caso alla Procura, che subito ha aperto un’inchiesta per maltrattamenti e abuso di mezzi di correzione a carico dello zio paterno, un trentunenne anche lui residente ad Arzignano e per questo spesso a casa del fratello in occasione del pranzo e della cena. Il magistrato ha affidato le indagini ai carabinieri della sezione di Polizia giudiziaria ed al comando di Polizia locale. Al momento nei confronti dello zio del ragazzino non è stato preso alcun provvedimento, anche se non è da escludere che nelle prossime ore possa venire adottata qualche misura restrittiva a tutela del minore. Così come la Procura potrebbe decidere di aprire un fascicolo anche sul comportamento tenuto dal padre dell’adolescente che, stando al racconto del figlio, in alcune occasioni - pare però non legate a motivi religiosi - sarebbe stato pesantemente schiaffeggiato. Saranno comunque da chiarire i motivi per il quale il genitore, durante le violenze subite dal figlio, non sia mai intervenuto. Ferma la condanna dell’imam di Vicenza, Riad Krika, che, pur premettendo che «ogni episodio va analizzato col beneficio del dubbio» e che non conosce personalmente le persone coinvolte nella vicenda, parla di atti «che nessuna religione può giustificare», di un atteggiamento «squilibrato» più che «fanatico», e si chiede dove fosse il padre durante i presunti pestaggi subiti dal figlio con forbici e lucchetti di metallo. «Uno schiaffo può starci» aggiunge «una sculacciata pure. Io ho tre figli, a volte non so come prenderli, ma non mi sognerei di tagliare il lobo ad uno di loro. Questa» conclude «se accertata è un’aggressione vera e propria. Non ci si può comportare in questa maniera, soprattutto con i nostri ragazzi nati in Italia».