Lascia quella poltrona
Il Gp di Montecarlo è finitoFini, sputtanato per sempre
Gianfranco Fini aveva detto: "Se l'appartamento è di Giancarlo, me ne vado". Ossia, lascio la presidenza della Camera. Come spiega il direttore di Libero, Maurizio Belpietro, sul quotidiano di giovedì 19 ottobre, "noi stiamo ancora aspettando e dopo le rivelazioni dell'Espresso ci rivolgiamo direttamente al presidente della Camera: che fai, te ne vai?". Segue l'articolo di Francesco Borgonovo. di Francesco Borgonovo Magie da post berlusconismo: come d’incanto, il fango si è trasformato in coraggioso giornalismo investigativo; il «dossieraggio» è divenuto pubblicazione di interessantissimi «documenti esclusivi». Ieri l’Espresso ha anticipato via web una «approfondita inchiesta» di Paolo Biondani e Luca Piana che dimostra quanto sapevamo dall’estate 2010. E cioè che «l’acquirente formale» della famigerata casa di Montecarlo era «tale James Walfenzao». Il quale però operava come «fiduciario» di Giancarlo Tulliani, il cognato di Gianfranco Fini. Secondo l’Espresso, Tulliani «ha usato i suoi servizi (di Walfenzao, ndr) per aprire proprio una società di compravendite immobiliari a Saint Lucia, nei Caraibi». Ecco i fatti. Durante una perquisizione nella casa romana del «re delle slot machine» ora latitante Francesco Corallo - effettuata nell’ambito dell’indagine sui finanziamenti della Banca Popolare di Milano al proprietario del gruppo Betplus (ex Atlantis World) - è emersa una serie di fax inviati dallo stesso Corallo allo studio di Walfenzao a Montecarlo. Scrive l’Espresso che «tra il marzo e il giugno 2008, Corallo mandò a Walfenzao una copia del passaporto di Giancarlo Tulliani, una copia di quello della sorella Elisabetta e un modulo per l’apertura di un conto corrente a Saint Lucia intestato alla Jayden Holding. Nel modulo, l’effettivo titolare della società viene indicato proprio in Giancarlo Tulliani». Questa Jayden Holding era una società offshore che «aveva come attività la compravendità di unità immobiliari», anche se il settimanale non ha potuto appurare che operazioni abbia condotto. La Jayden, spiegano Biondani e Piana, è stata costituita nel gennaio 2008, è stata chiusa nel maggio 2011 (come si evince dal documento che pubblichiamo in questa pagina, tratto dalla Gazzetta ufficiale di Saint Lucia) «ed era rappresentata da un legale di nome Cathy Walfenzao, con uffici allo stesso indirizzo di Montecarlo del più famoso James Walfenzao». E qui veniamo alla casa di Boulevard Princesse Charlotte. Walfenzao era il rappresentante legale della Printemps, cioè la società di Saint Lucia che nel luglio 2008 acquistò da Alleanza Nazionale, per appena 300 mila euro, l’appartamento donato dalla contessa Colleoni. Insomma, il buon James era l’uomo che comprò la casa per conto della Printemps, che poi la cedette alla Timara Ltd, altra società offshore il cui «beneficiario effettivo» era Tulliani, come spiegò in una lettera il governo di Saint Lucia (utilizzando come fonte proprio Walfenzao). Non è il caso di riepilogare tutta la storia. Ci limitiamo a una considerazione. A parte la vicenda della Jayden e delle sue operazioni immobiliari sconosciute, che la contorta vicenda della casa di Montecarlo conducesse al cognato di Fini lo abbiamo scritto e riscritto mille volte negli ultimi due anni. E per questo noi di Libero, assieme ai colleghi del Giornale, siamo stati accusati di essere «macchine del fango», sgherri al soldo di Berlusconi. Non cronisti, ma personaggi senza scrupoli il cui unico obiettivo era il killeraggio mediatico del presidente della Camera. Adesso, guarda un po’, si è svegliato l'Espresso, giunto buono ultimo con le sue inchieste esclusive. E pensare che Bruno Manfellotto, direttore del settimanale, si dilettò in vari editoriali a sbertucciare il lavoro giornalistico dei «cronisti di centrodestra». In un pezzo intitolato «Una Scavolini ci seppellirà» ironizzava sulla cucina che Fini e la Tulliani avrebbero acquistato per la casa: «E le posate? Chi avrà mai comprato forchette e stoviglie?». In un altro articolo, del 2010, Manfellotto chiedeva al presidente della Camera di fare chiarezza. Poi però aggiungeva stilettate velenose, parlando di un Fini «sottoposto al trattamento Boffo a firma Feltri»; stigmatizzava la «violenza della campagna contro Fini e famiglia». Infine chiosava: «Fini, il cognato, quella casa... Storia paradossale. Non sono emersi finora comportamenti penalmente rilevanti e a gridare allo scandalo sono gli stessi che sorvolano su cricche e mafie, favori e mazzette, escort e appalti». Niente male. E adesso ci scodella l’inchiestona su Walfenzao? Che fa, Manfellotto, vuole salire anche lei sulla macchina del fango? Peccato che tale macchina non sia mai esistita. Ci sono solo cronisti che fanno il proprio mestiere e che sono stati accusati di essere dei mercenari, mentre Repubblica, la sorellina dell’Espresso, intervistava Fini a ripetizione e delirava di dossier e cospirazioni. Meraviglie del post berlusconismo, l’epoca in cui anche la melma ha un buon profumo.