Negli ultimi 40 anni
I terremoti sono costati 147 miliardiPer la prevenzione ne bastavano 25
«I danni naturali sono aggravati pesantemente dall’incuria colpevole degli uomini», scrivono Silvio Casucci e Paolo Liberatore nell’incipit del loro recente saggio dal titolo Una valutazione economica dei danni causati dai disastri naturali. Si parte dall’ultimo tragico evento, il terremoto che ha colpito l’Emilia e che non dà tregua alla popolazione del nord, per dire che «ancora una volta è evidente il fatto che il nostro Paese è costretto ogni anno a sopportare perdite di vite umane ed enormi costi a causa dei disastri naturali». E molti di questi costi, aggiungono i due studiosi del “Cles”, «potrebbero essere evitati, se si seguissero con maggiore attenzione le più elementari regole antisismiche». Nell’articolo si parla anche di frane, alluvioni e altre catastrofi, ma il tributo maggiore lo paghiamo in caso di sisma. Il dato, perfettibile, ma drammaticamente alto dei soldi spesi per ricostruire le zone terremotate recita: 147 miliardi di euro sborsati in quarant’anni. Una cifra che non comprende le conseguenze del disastro del 20 e 29 maggio nelle province di Modena e Ferrara (è ancora troppo presto per fare bilanci), ma che tiene conto del sisma che ha devastato il territorio aquilano nell’aprile 2009, con oltre 300 morti e danni ingentissimi ad abitazioni, infrastrutture e all’intero sistema economico e sociale della provincia. Perché 147 miliardi di danni? La stima arriva da un dossier sul rischio sismico redatto dal Dipartimento della Protezione Civile nel settembre 2010. Nel documento si specifica come «i terremoti che hanno colpito la Penisola hanno causato danni economici valutati per gli ultimi quaranta anni in circa 135 miliardi di euro (a prezzi 2005), che sono stati impiegati per il ripristino e la ricostruzione post-evento. A ciò si devono aggiungere le conseguenze non traducibili in valore economico sul patrimonio storico, artistico, monumentale». Attualizzando tale valore, si ottiene un totale complessivo pari a circa 147 miliardi e un valore medio annuo pari a 3.672 milioni di euro. «Una montagna di soldi», ha scritto sul Corriere Gian Antonio Stella, ricordando che in molti casi, facendo più attenzione e meno errori, il disastro naturale avrebbe fatto meno male. Soprattutto se è vero, come ha stimato l’ex capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, «che per mettere in sicurezza tutto il nostro Paese occorrerebbero tra i 20 e i 25 miliardi di euro». Perché, che l’Italia sia ad elevato rischio sismico non è più una novità per nessuno. Gli esperti dicono che dipende dalla posizione della nostra Penisola, situata lungo la zona di convergenza tra la zolla eurasiatica e quella africana e dunque sottoposta a continue spinte compressive e ad accavallamenti. Conferme arrivano dalla cronaca storica. Sempre secondo la Protezione civile, «in 2.500 anni, in Italia, si sono verificati oltre 30mila terremoti, di cui 560 di intensità e magnitudo oltre l’ottavo grado della scala Mercalli. Dal 1860 sino al 2010 sono stati rilevati in Italia almeno 43 terremoti che hanno causato perdite di vite umane, per un totale di oltre 164mila vittime in circa 150 anni, con una media pari a oltre mille morti l’anno. Anche se oltre il 90 per cento dei decessi sono stati registrati in occasione di due soli terremoti: quello che sconvolse le aree di Messina e Reggio Calabria nel 1907 provocando 120mila vittime, e quello che, 8 anni dopo, rase al suolo la zona di Avezzano, in Abruzzo, provocando circa 30mila morti. Più di recente, nel periodo che va dal 1950 al 2009, sono stati registrati 15 terremoti per un totale di 4.665 decessi, in media circa 79 l’anno. Nel 1976 è toccato al Friuli, nell’80 la tragedia dell’Irpinia, ancora prima (1968) la scossa devastante nel Belice che mise drammaticamente in luce la fatiscenza costruttiva delle abitazioni in tufo, crollate subito sotto i colpi sussultori del sisma. Nel 2002 è toccato a San Giuliano di Puglia, nel Molise: la scuola costruita male è venuta giù come cartone e si è inghiottita 27 bimbi e la maestra. Poi l’inferno dell’Aquila e oggi l’Emilia, con i suoi capannoni fragili. Brunella Bolloli