Appunto
Chi non voleva vedere le prove che inguaiano Ciancimino
Quasi divertente. La Procura di Roma - il cui capo è Giuseppe Pignatone che è nemico di Antonio Ingroia - ha incaricato i carabinieri del Noe del Capitano Ultimo, alias Sergio De Caprio - che arrestò Totò Riina e che è nemico di Antonio Ingroia - i quali hanno scoperto una bella fetta del «tesoro» di Vito Ciancimino che era stato riciclato in Romania, nella più grande discarica d’Europa: e tra gli indagati, ovviamente, c’è Massimo Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo. Che c’è di divertente? Non tanto che Ingroia, il 15 novembre 2010, aveva definito Massimo Ciancimino «quasi un’icona dell’Antimafia». Non tanto che Ciancimino, il 1° ottobre 2010, aveva insinuato che l’arresto di Riina non fu un merito del Capitano Ultimo bensì di una soffiata di Bernardo Provenzano. Non tanto che lo stesso Ingroia, nel 2006, mandò a processo il Capitano Ultimo (assolto, naturalmente) per favoreggiamento nella mancata perquisizione del covo di Totò Riina. Di quasi divertente, in questo quadro, c’è che l’indagine sul «tesoro» ora coronata da successo da Giuseppe Pignatone e dal Capitano Ultimo (nemici di Ingroia) era partita proprio nella Palermo di Ingroia: solo che la procura antimafia, il 15 aprile 2011, aveva chiesto l’archiviazione. Già. Solo la puntigliosità del gip Piergiorgio Morosini, che respinse la richiesta cinque mesi fa, ha permesso di notare che le prove sul riciclaggio romeno di Ciancimino erano lì, anche se la procura non le aveva viste. Divertente. Quasi.