Pansa
Zitella Montezemolo all'ultima chiamata. E se decidesse Giannino?
di Giampaolo Pansa Il signor X è uno dei tanti italiani che da anni non vanno più a votare. Era sempre stato un elettore puntuale, poi si è disamorato della politica. Colpa di X o dei partiti? Lui ritiene che siano le parrocchie politiche ad averlo reso un astensionista. Troppe promesse a vuoto, incapacità cronica a risolvere i problemi del Paese, molta corruzione, nessun rinnovamento dei vertici. X ha scoperto di essere infastidito soprattutto dall’usura delle facce che ogni sera vede nei telegiornali. Ci sono politici sulla scena da vent’anni e qualcuno da trenta. A volte pensa: «Anch’io sono invecchiato con loro. Però non ho nessun potere e non siedo in Parlamento». Ma adesso che l’Italia è in crisi, X ha deciso che non deve più astenersi. Alle prossime elezioni andrà al seggio e non intende deporre nell’urna una scheda bianca. Per questo ha cominciato a guardarsi attorno con il proposito di scoprire per chi potrebbe votare. Il suo esame è meticoloso. X scarta subito il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e l’Italia dei valori di Antonio Di Pietro. Li giudica entrambi sfasciacarrozze, gente che urla, insulta, minaccia. Per quel che riguarda i Cinquestelle, X si domanda a chi andrebbe il voto. Al comico barbuto o al suo padrone segreto, il Casaleggio dalla parrucca in stile re di Francia prima della ghigliottina? Anche la Lega di Roberto Maroni non gli piace. Ha ereditato il peggio del bossismo. Meglio guardare da un’altra parte. In passato il signor X è stato un elettore di sinistra. Ha votato per i socialisti del Psi, poi per i radicali e infine per gli eredi del vecchio Pci. È fatale che inizi a considerare l’ipotesi di scegliere il Partito democratico. Però quel che accade nel condominio di Pier Luigi Bersani lo spaventa. Vede una lotta a coltello fra due candidati, Bersani e Matteo Renzi, il sindaco di Firenze. Ma dire coltello è poco. Contro Renzi si è scatenata quasi tutta la nomenklatura del Pd, tanto la post comunista che quella ereditata dalla Dc. Matteo è piccoletto, con la faccina e i modi del Pierino. Se fosse alto un metro e novanta, e disponesse di un fisico da palestrato, forse lo tratterebbero meglio. Invece i big democratici lo considerano un nemico del popolo. «Per fortuna non viviamo nel vecchio comunismo di guerra» pensa il signor X. «Altrimenti Renzi l’avrebbero già processato in segreto e fatto sparire. Ma non è escluso che, prima o poi, ai danni del compagno Matteo scatti una trappola micidiale che lo metterà fuori gioco». Ad ogni buon conto, conclude X, meglio lasciar perdere il Pd e il suo alleato, Nichi Vendola, uno spirito malvagio travestito da piacione. Il signor X dà un’occhiata a Pier Ferdinando Casini. È un politico accettabile che ha fatto la scelta giusta di sostenere senza incertezze il governo Monti. Quello che non si comprende è perché questo ex pivello democristiano sia disposto ad allearsi con la sinistra. A X sembra un connubio innaturale. Che cos’ha da spartire con Bersani e Vendola? Vorrà anche lui far piangere i ricchi con le super patrimoniali vagheggiate dalla ditta Fassina & Compagni? La verità è che Casini dovrebbe stare nel centrodestra. Dove forse potrebbe avere un ruolo coerente con la propria storia di biancofiore cresciuto nelle serre dei Forlani e dei Bisaglia. Se Pierferdi vuole aiutare i moderati, non si presti a fare da testimone delle nozze di Nichi con il moroso canadese. Già, il centrodestra. Ma esiste ancora? Il signor X scorge soltanto un mare di rovine. Un film dell’orrore girato da un regista pazzo. Protagonisti e comparse fanno di tutto per scannarsi. Il Berlusconi, più morto che vivo, coltiva la voglia suicida di candidarsi per l’ennesimo giro. Le fazioni superstiti del Pdl si combattono con una ferocia da guerra civile. Manca un programma, un minimo d’intesa, un’idea di governo. Ma così hanno già perso un elettore su due. E altri ne perderanno. È un disastro reso ancora più caotico dalla convinzione di essere comunque destinati a una pesante sconfitta elettorale. Un big del Pdl, Fabrizio Cicchitto, che un po’ di sale in zucca ce l’ha, sostiene che quest’area ha bisogno di un «centravanti», ossia di un leader nuovo che rianimi il partito con energie fresche. Se è davvero così, pensa X, che cosa aspettano a trovarlo? Le ricerche condotte in extremis sono sempre rischiose. Ma non c’è rischio peggiore che tirare le cuoia. Tuttavia qualcuno che sarebbe utile arruolare esiste. Per esempio due signori in grado di aiutare i moderati italiani. Uno è Luca Cordero di Montezemolo, detto per brevità Montez. L’altro è il giornalista Oscar Giannino, uno spiritaccio che conosce come pochi le faccende dell’economia. Il signor X lo ascolta da tempo a “Radio 24” e lo apprezza per la grinta da combattente. Dei due il più noto è Montez, a causa della Ferrari e dei treni veloci che ha messo sui binari. Ha guidato la Confindustria e quando ne ha lasciato la presidenza molti hanno pensato che poteva essere utile in politica. Ma sono passati anni e lui non si è mosso. Tanto da far pensare di essere come la zitella Consiglia. Quella che tutti la vogliono, ma nessuno la piglia perché dice sempre di no. Il signor X si domanda: «Come mai Montezemolo non si fa avanti e inizia a lavorare con il centrodestra?». Le risposte possono essere tante, però ce n’è una che più di tutte frena il patron della Ferrari. Il vecchio capo comunista del dopoguerra, Palmiro Togliatti, sosteneva: «Per far bene il mestiere del politico, bisogna avere la pelle del rinoceronte». Vale a dire essere disposti a sopportare i colpi più duri e non provare paura di niente. Neppure del proprio passato. Montez è disposto ad affrontare questa prova? Il signor X non lo sa. Essendo un lettore attento dei giornali, ha imparato che i professionisti dei partiti sanno essere brutali. Non vogliono intrusi tra i piedi. Tanto meno quando si tratta di personaggi popolari come Montezemolo. Anche per lui entrerebbe subito in azione un’impietosa macchina del fango. Ma forse Montez esita per un calcolo realistico: comunque vadano le elezioni, il governo lo farà di nuovo il professor Monti. Morale della favola? Il signor X andrà a votare, però non ha ancora deciso per chi. Su Montezemolo il nostro elettore non sa che cosa pensare. Ma ha un consiglio da offrirgli. Se intende occuparsi dei propri affari, nessuno potrà imputargli nulla. Anche condurre bene un’azienda, farla prosperare e offrire lavoro, è una scelta che giova al Paese. Ma a quel punto la smetta di illudere quanti lo vorrebbero in politica. Non tenga in piedi club di illuminati che non vanno mai al fronte, non arruoli cervelli da chiudere nel cassetto, non allestisca pensatoi condannati alla sterilità. Montez se ne stia nella sua bella casa di Bologna, alla Ferrari o spaparanzato sui propri treni veloci. Però si rammenti che, prima o poi, le occasioni svaniscono. E potrebbero emergere figure nuove che gli rubano la scena. Mi viene in mente la storiella della ragazza americana che non si decideva a concedersi al fidanzato. Poi il giovanotto venne chiamato alle armi, sbarcò in Italia, arrivò a Napoli e incontrò Concettina. Da ragazzo onesto, informò la morosa. Lei, in lacrime, gli scrisse: «Che cosa ha questa Concettina che io non ho?». Il soldato rispose: «Ha quello che hai tu. Ma ce l’ha qui».