Fini
Povero Gianfry,A Mirabello fa festase la fa da solo
Cupio dissolvi di un partito e d’un’utopia. Niente più ressa di telecamere (anzi le richieste di accredito delle tv rasentano lo zero), niente più schiere di ospiti illustri in attesa della rivoluzione liberale, niente più «grande Terzo Polo» con Casini e Rutelli. Figurarsi. Com’è strana, quest’anno, la Festa Tricolore, giunta alla 31esima edizione; com’è triste l’Emilia di Mirabello, il covo d’alti spiriti di Gianfranco Fini che oggi non sono più tanto alti ma sono molto più spiriti nel senso ectoplasmatico del termine. La kermesse di Futuro e Libertà, che soltanto l’anno scorso brillò come uno degli eventi della politica italiana oggi sarà di profilo basso. Bassissimo. E sarà, forse, per «rispetto verso le popolazioni terremotate», come rende noto Vittorio Lodi storico organizzatore che comunque ammette le speranze disattese. Aggiunge il deputato Enzo Raisi, sempre più braccio destro di Fini: «Nel 2010 dopo Mirabello i sondaggi ci davano al 10 %, oggi qualcuno dice che siamo al 3 %, ma quel che conta è la prospettiva». La prospettiva. La prospettiva aritmetica è che, probabilmente, oggi come oggi, Fli non eleggerebbe con le proprie forze neppure un deputato; e perfino il presidente Fini resterebbe a secco, senza neanche lo scranno per se stesso. La prospettiva militante, per ora, è quella di un party tra amici, roba già carica di nostalgie, roba alla Gino Paoli «eravamo quattro amici al bar/ che volevano cambiare il mondo». Il 6 settembre Fini lancerà quel che resta del suo movimento, chiamandolo «Mille per l’Italia»; e, ad essere ottimisti, il sospetto è che quel «mille» si riferisca, se non agli iscritti, almeno ai simpatizzanti del partito. Di sicuro la platea non sarà affollatissima. Presenti certi, finora, soltanto gli undici parlamentari rimasti fedeli al presidente della Camera tra cui: Antonio Bonfiglio, Italo Bocchino, Roberto Menia, Benedetto Della Vedova, Fabio Granata, Carmelo Briguglio, Mario Baldassarri. Oltre a due ministri: Mario Catania (politiche agricole) e Corrado Clini (ambiente). Non è molto, ma c’è la crisi. E oltre a tagliare le giornate di festa - solo quattro, stavolta - si decurtano pure gli ospiti. Quasi eroici, invece, appaiono gli ottanta i volontari che appronteranno e faranno funzionare la festa, convinti ancora una volta che da Mirabello partirà una nuova stagione politica (per arrivare dove, ancora non si capisce). E allora ecco il ritorno al pionierismo di Giorgio Almirante; alle audaci istanze del vecchio Movimento Sociale che osava festeggiare nell’Emilia Rossa. Ma, nonostante i proclami, la sensazione è che, dall’esterno, la Festa Tricolore sia oramai derubricata dallo stesso Fini a festa regionale di raccolta fondi. Perfino il palco sarà montato in campagna, tra i campi di grano ed erba gatta, dato che il Pdl aveva scippato la piazza del paese. È un po’ una metafora. Fli annaspa, non sa nemmeno con chi schierarsi: in Sicilia Fabio Granata perderà in solitudine. Mirabello rischia d’essere un mausoleo dei buoni propositi. di Francesco Specchia