Sinistra demolita

Da Repubblica a Violante: così è morto il partito dei giudici

Giulio Bucchi

C'è voluto Giorgio Napolitano per spaccare il partito dei magistrati. Sul caso delle intercettazioni al presidente della Repubblica non distrutte dalla Procura di Palermo che indaga sulla trattativa Stato-mafia il centrosinistra è imploso in mille posizioni, voci critiche e difese ad oltranza dei pm. Lo scontro, assai simbolicamente, si sta consumando sulle pagine di Repubblica, il quotidiano che più di tutti (prima ancora del Fatto quotidiano) ha cavalcato le intercettazioni e le soffiate delle Procure per far cadere Silvio Berlusconi. Ma ora che in ballo c'è il Quirinale, non va più bene.  Veleni su Repubblica - A difesa dell'iniziativa della Procura palermitana è stato il costituzionalista e nume tutelare dei manettari-indignados di sinistra, Gustavo Zagrebelsky: quello di Napolitano, ha scritto su Repubblica, è stato un errore politico e dal punto di vista del diritto. Il Colle, insomma, non doveva fare ricorso alla Corte costituzionale per conflitto d'attribuzione. Napolitano, è l'accusa del costituzionalista, cercherebbe una "garanzia di intoccabilità-inconoscibilità di ciò che riguarda il presidente della Repubblica, per il fatto d'essere presidente della Repubblica". Visto che sconfessare il presidente della Repubblica provocherebbe una "devastante" crisi istituzionale, suggerisce Zagrebelsky, va da sé che "nel momento stesso in cui è stato proposto, il ricorso è stato già anche vinto". E in ogni caso sarà la Corte a uscire a pezzi, accusata a seconda del verdetto di irresponsabilità o di partigianeria. Ma Eugenio Scalfari non ci sta e nel suo editoriale di domenica difende il Colle e sconfessa la sua firma: "Queste son cose che stanno solo nella testa di quei politici e riecheggiatori che palpitano sperando che la Corte dia ragione al Capo dello Stato per poter accrescere i loro attacchi eversivi contro entrambi". Occhio, chi difende i magistrati attacca Napolitano, ricorda Barbapapà.  "Populisti di sinistra" - Ultima tappa, inattesa, su La Stampa, dove l'ex magistrato e toga rossissima perché passata presto al Pci via via fino al Pd, Luciano Violante attacca un po' a sorpresa gli ex colleghi di Palermo: "populismo giuridico", che "utilizza le procure" come "clava politica"per colpire "il Quirinale e il governo". Robe mai udite in bocca a chi sul tintinnar di manette ha costruito la propria carriera politica. Violante fa anche i nomi: Il Fatto, Beppe Grillo e Antonio Di Pietro. Bei tempi, quando Berlusconi era premier: allora sì che a sinistra e andavano tutti d'amore e d'accordo.