L'inchiesta
Lavitola, estorsione al Cav: altra misura cautelare
Nuova misura cautelare per il faccendiere Valter Lavitola per estorsione aggravata nei confronti dell’ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Per gli stessi reati in concorso è stato arrestato a Palermo, su mandato del gip di Napoli, anche Carmelo Pintabona. La vicenda è relativa ai 2 milioni di euro che Lavitola intendeva chiedere a Berlusconi durante la sua latitanza in Sud America, come dal racconto della sorella del faccendiere ed ex direttore de L'Avanti. Le accuse - Lavitola e Pintabona sono accusati anche di trasferimento fraudolento di beni, relativamente ad alcuni passaggi di proprietà di immobili di Lavitola in Brasile che sono stati poi intestati all’italo-argentino. Le indagini che hanno portato al nuovo provvedimento restrittivo nei confronti dell’ex direttore de L'Avanti riguardano anche i supporti logistici, operativi e finanziari su cui ha potuto contare in Italia durante la latitanza sudamericana cominciata il 14 ottobre 2011. Lavitola, con il supporto di Pintabona, ha inoltrato richieste di denaro a Berlusconi. A parlarne per prima con i magistrati la sorella Maria, che raccontò di essere stata avvicinata da una donna a nome del fratello perchè consegnasse una lettera all’ex premier per ottenere 5 (e non 2 come scritto in precedenza, ndr) milioni di euro al leader del Pdl; e se Berlusconi non avesse pagato "avrebbe avuto tutte le giustificazioni anche morali per dire tutto quello che sapeva" su di lui, mise a verbale la donna. La richiesta di denaro non è stata smentita nemmeno da Lavitola, che però ha detto ai pm napoletani che era "a titolo di prestito". La difesa "Mai alcuna somma è stata erogata al dottor Lavitola o ai suoi incaricati", lo hanno precisato dichiarano l’avvocato Piero Longo e Niccolò Ghedini commentando la notizia di un'ipotesi estorisiva ai danni di Silvio Berlusconi. "Del resto - aggiungono - non vi era alcun motivo per farlo non essendovi il benché minimo argomento con il quale il dottor Lavitola potesse esercitare pressioni nei confronti del Presidente Berlusconi. "Infine - concludono Ghedini e Longo - non si può non rilevare ancora una volta come sia comunque incomprensibile che di tali vicende si possa ritenere competente territorialmente la Procura di Napoli".