Crucchi nel mirino
Nuovo bersaglio della speculazione:la Germania di Frau Merkel
di Giuliano Zulin È ufficialmente iniziata la madre di tutte le battaglie. Quella finale. Dall’America è partito l’attacco direttamente alla Germania, quello che era considerato il porto sicuro d’Europa. L’offensiva è duplice: politica e finanziaria. Con un tocco di speculazione che non manca mai. Lunedì Tim Geithner, ministro del Tesoro Usa, sarà in missione proprio in Germania, dove incontrerà Wolfgang Schaeuble nell’isola del mare del Nord di Sylt dove il ministro delle Finanze tedesco sta trascorrendo le vacanze. Geithner volerà poi a Francoforte per parlare con il presidente della Bce Mario Draghi e, con ogni probabilità, si vedrà pure con Jens Weidmann, numero uno della Bundesbank. I vertici si chiuderanno entro il 2 agosto, giovedì, quando ci sarà l’atteso direttivo della Banca centrale europea e da là dovrà uscire una soluzione credibile all’eurocrisi, soprattutto dopo le parole forti di Draghi. Per costringere i tedeschi a cedere su un meccanismo salva-spread, non bastano però i politici. E così siamo passati alle minacce, come quella di George Soros, presidente dell’Inet, l’Institute for New Economic Thinking. «La Germania rischia una bancarotta se non accetta la monetizzazione del debito da parte della Banca centrale europea», attaccano dal think tank del finanziere che speculò contro la lira e la sterlina nel 1992. Anche questa volta c’è un interesse diretto da parte del finanziere di origine ungherese: a dicembre ha comprato due miliardi di Btp italiani dall’asta fallimentare del fondo Mf Global di John Corzine. Tra l’altro, dicono i ben informati, ha preso i titoli italiani a sconto. Ovvio che, se la Bce prendesse in mano la situazione, gli spread si abbasserebbero, i valori delle obbligazioni statali aumenterebbero e, in caso di vendita, Soros farebbe un sacco di soldi. Non c’è tuttavia solo una questione personale del raider newyorkese dietro l’ennesima sparata anti-Merkel, perché effettivamente - come ha scritto anche Libero l’altro giorno - l’egoismo dei teutonici «farà disintegrare l’eurozona». Il che significherebbe un distrasto pure negli Usa. C’è bisogno, sostengono dall’Inet di Soros, di unione bancaria, riordino del settore finanziario, sistema di controllo fiscale, un europrestatore di ultima istanza per i governi che rispettano il fiscal compact e un regime di ristrutturazione del debito per gli altri Paesi, con l’obiettivo di evitare fallimenti disordinati. Il tempo stringe e gli investitori si stanno già preparando al peggio, uscendo anche dalla Germania: ieri Il Sole 24Ore scriveva che a giugno è crollata del 26% la quota dei money market fund statunitensi investita sulle banche tedesche. La riduzione si è concentrata sugli investimenti a breve e brevissimo termine: non è dato sapere la cifra fuggita dagli istituti germanici. Si sa solo che, in base a una ricerca di Ficht, i dieci maggiori fondi americani hanno alleggerito le posizioni di almeno una decina di miliardi. A Berlino insomma cominciano ad avere paura: per questo la Merkel, con Hollande, ha confermato le frasi «salva-euro» di Draghi, così come il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, che tuttavia insiste sullo scambio rigore-aiuti. Forse per placare i falchi di governo, come il titolare dell’Economia, Philipp Roesler, contrario all’acquisto di bond da parte della Bce. Le elezioni sono lontane (settembre 2013), ma la crisi potrebbe far saltare tutto prima. Anche in casa dei maestrini tedeschi. L’agosto caldo c’è per tutti.