Il flop dei professori
Il tecnico Monti ha fallito:ora i mercati si vendicano
di Franco Bechis Per sua sfortuna il Nouriel Roubini che tanta breccia sembra essersi fatta anche nel cuore di Giampiero Mughini non è anche un Houdinì. Avesse avuto anche quelle straordinarie capacità illusionistiche, sarebbe riuscito a fare sparire il fiume di articoli, dichiarazioni e vaticinii sull’Italia apparsi a sua firma da novembre ad oggi. Certo il professore Roubini non è mai stato gran tifoso di Silvio Berlusconi, e via twitter ironizzò pure sul povero Angelino Alfano arrivato alla guida del Pdl. Su Mario Monti sembrò all’inizio ben disposto. Dopo manco due mesi tirò fuori una sua cassandrata sul Financial Times: «Scordatevi l’effetto Monti, il patto con l’Europa e le strette di mano a Bruxelles (…) I mercati hanno dato poco peso alla notizia della nascita del nuovo governo e fin dall’inizio hanno spinto gli spread italiani a livelli ancora più insostenibili». Roubini ha proposto da allora di consolidare il 25% del debito italiano non pagando del tutto gli investitori che non avessero accettato la riduzione. Poi ha spiegato che l’Italia è «troppo grande per fallire, ma anche troppo grande per essere salvata» e che l’unica medicina sarebbe stata una svalutazione reale: «Uscire dall’unione monetaria e ritornare alla lira, innescando automaticamente il crollo dell’eurozona stessa». Insomma, il professore ne ha dette di cotte e di crude in questi mesi, e forse è meglio prendere con le pinze anche questa ultima sua certezza sulla agenda riformatrice di Monti, che fino a qualche settimana per lui non sarebbe servita a nulla. Fare cento previsioni diverse sullo stesso tema sicuramente fa azzeccare quella giusta, ma nel caso Roubini non c’è da fare uso di malizia: è segno anche in ambienti accademici si vive un po’ alla giornata e si possono fare poche previsioni su cosa accadrà sui mercati primari e secondari da qui a fine anno. Più che a Roubini, mi abbevererei alle parole semplici e molto concrete di Francesco Perilli, uno dei maggiori broker italiani - è amministratore delegato di Equita sim - che così ha raccontato a Paolo Panerai (su Milano Finanza di ieri) il pranzo avuto venerdì con l’amministratore delegato di un grande hedge fund anglosassone. CAPITALI IN FUGA «Mi ha dato le prove», ha rivelato Perilli, «che gli investitori americani non vogliono più neppure sentir parlare di investire in titoli europei, principalmente del debito pubblico, ma anche delle società private. Non vendono i titoli del debito che hanno in portafoglio ma non ne rinnovano uno. Sono convinti che il default ci sarà, prima della Spagna e poi dell’Italia. E ogni giorno di più se ne convincono per l’inconcludenza della politica europea e per il fatto che la Spagna non è in grado di salvarsi da sola e l’Italia non fa niente per salvarsi da sola, mentre potrebbe». Secondo Perilli addirittura «tra poco sarà il turno anche della Francia. Nel senso che già oggi sul mercato si vedono continue operazioni short contro il debito a 10 anni francese. Un segnale che dovrebbe essere immediatamente capito dalla stessa Francia, dalla Germania e da tutta l’Europa. Invece niente: si annuncia che i Fondi salva-Stati saranno usati per far calare lo spread e poi il ministro tedesco dell’Economia annuncia che fino a quando, in ottobre, non si sarà pronunciata la Corte suprema, di rendere operativa la decisione neppure se ne parla (…)». POLITICI SENZA POTERE È chiaro dunque che quel che avviene nella politica italiana conta assai poco sui mercati. Magari viene preso a pretesto un giorno, ma non è quella la linea del Piave dietro cui trincerarsi. Se oggi si balla, e durante agosto e settembre la musica non cambierà, è perché a fine giugno si sono presi in giro i mercati, annunciando una decisione (la presunta e non veritiera vittoria di Mario Monti sullo scudo Ue) che non era tale. Chi si è fidato e ha puntato i suoi soldi su quella notizia li ha persi, e ora te la farà pagare per 50 giorni in cui Italia e Spagna saranno sole in balìa della tempesta. La Germania sta provocando la dissoluzione dell’area dell’euro, a questo punto consapevolmente, e sarebbe illusorio pensare che la medicina che fa digerire tutto ai mercati possa essere: «L’Italia candida Pinco Pallino, perfino un Pinco Monti anche alle prossime elezioni». Non cambierebbe nulla, perché non è quello il problema. Perilli una soluzione però la fa intuire, quando lascia cadere l’accusa che riguarda anche il governo in carica: «L’Italia avrebbe potuto, ma non ha fatto nulla per salvarsi da sola». Cosa avrebbe potuto fare e non ha fatto? Guardare i mercati e non quella Unione europea che non c’è. Quindi puntare a una manovra sul debito pubblico immediata e non a quella sul deficit pubblico che ha solo aggravato la sua situazione. È il debito pubblico quello che avrebbe bisogno dello scudo che non c’è. Se con una sola operazione-choc l’Italia avesse annunciato una vendita del proprio patrimonio mobiliare e immobiliare per 3-400 miliardi di euro, non ci sarebbe più stato fianco scoperto alla speculazione. Non una manovra ripetuta per 20 anni, come impone il fiscal compact che vorrebbe l’Italia in ginocchio. Ma una operazione sola, secca. Di ipotesi tecniche ne sono circolate numerose nell’ultimo anno e mezzo, ma nessuno - tanto meno Monti - ha mostrato di capire che quella era la sola medicina utile. Se avvii quella operazione, poi riacquisti autonomia e libertà. Anche quella - primaria- di votare chi vuoi nell’urna...