Giampiero Mughini
Siamo sulla linea del Piave: ci possono salvare solo i prof
di Giampiero Mughini Con lo spread montato a 500 punti, e alla vigilia di quel mese di agosto particolarmente propizio agli agguati degli speculatori che da tutto il mondo ci scaraventeranno contro i loro immensi capitali alla ricerca di una preda, l’Italia è come fosse oggi assestata sull’ultima trincea difensiva. Né più né meno del nostro esercito della Prima guerra mondiale quando si trincerò dietro un fiume chiamato Piave. Vedo che altri amici di Libero, a cominciare dal Carlo Pelanda di cui ho letto con interesse l’articolo pubblicato ieri, hanno idee in parte diverse dalla mia sui perché di questa disfatta militare. Di questa tempesta che si sta mangiando i sacrifici cui ci aveva chiamato il governo Monti, che sta mettendo a durissima prova l’attività di imprese industriali costrette a pagare il denaro cinque o sei volte più di quanto lo pagano le loro concorrenti tedesche. Che si tratti del Piave, di una posizione di difesa dietro la quale c’è l’abisso, nessuno però ne dubita. Che la speculazione stia andando pesantemente all’assalto delle nazioni situate nel meridione dell’economia dell’euro, non v’ha dubbio. Che sia assolutamente impossibile difendersi da questo attacco appioppando altre tasse a gente che non ha più i soldi nemmeno di che entrare in un negozio, è lampante. E dunque? Un economista del valore del professore Nouriel Roubini, peraltro uno che conosce bene l’Italia, dice che il nostro punto debole è la mancanza di certezze quanto alla continuità dell’«agenda riformatrice di Monti», il fatto che la nostra classe politica - e quali che siano i vincitori delle prossime e imminenti elezioni - dà l’impressione di non sapere che cosa volere e che cosa fare. Sono tanti invece gli amici di Libero che non danno un giudizio positivo dell’attuale governo, da cui certi titoli di prima pagina che hanno il rintocco come di una randellata. Oppure gli argomenti addotti da Pelanda nell’articolo di ieri: che esiste «una guerra economica condotta dalla Germania contro l’Italia», che c’è un loro specifico assalto alle roccaforti della nostra industria e delle nostre banche, e che contro quell’assalto bisogna contrattaccare. Ne va di mezzo la nostra sovranità, la nostra indipendenza come Stato. Pelanda trae i suoi argomenti da informazioni di cui dispone e di cui ha parlato con esponenti del governo Monti. La farò breve. Il diritto alla sua sovranità politica ed economica uno Stato se la deve meritare. Il governo italiano andato in frantumi nella seconda metà del 2011 quella sovranità non aveva fatto nulla per meritarsela. È inutile stare a dire che il nostro spread di oggi è solo di poco inferiore a quello che aveva targato l’ultimo periodo del governo Berlusconi. Non ci fossero stato Monti e le sue «lacrime e sangue», a quanto sarebbe oggi il nostro spread? Ve lo ricordate o no che una componente essenziale del governo Berlusconi, ossia la Lega, si opponeva alla morte a che gli italiani andassero in pensione un’ora dopo? Non ci fosse stato il colpo d’ascia del governo Monti in fatto di pensioni, un colpo d’ascia lodato in tutto l’Occidente industrializzato, dove saremmo noi oggi? E arrivo al punto. Il governo Monti non è asceso a Palazzo Chigi per distribuire caramelle agli italiani. Né più né meno di come non le distribuiva, e non prometteva affatto di distribuirle, il Winston Churchill dell’estate 1940, di quando gli Stuka con l’insegna nazi si avventavano su Londra e dintorni. Per stare al ragionamento di Pelanda, chi dei nostri partiti e della nostra classe politica ha l’autorevolezza per andare a tirare calci negli stinchi a una Germania arrogante e egoista? Chi dei vincitori possibili delle elezioni del 2013 - ossia Di Pietro, Grillo, Vendola, Rosy Bindi, quelli che schiamazzano alla cieca sul Web - ci ha spiegato in buon italiano come difenderà il Piave? Non includo nell’elenco Silvio Berlusconi perché, pur non avendo mai praticato l’antiberlusconismo ossessivo e sistematico 24 ore su 24, non vedo la benché minima possibilità che lui acceda a una quarta leadership dopo quella del 1994. Vincitori alle elezioni del 2013 non ce ne saranno, a parte il grande partito di massa dei non votanti di cui faccio parte. Dopo le elezioni del 2013, e meglio ancora se prima, l’unica pista percorribile a salvare la sopravvivenza e dunque la sovranità del nostro Paese è una coalizione ampia che volga a continuare e proteggere la politica del governo Monti. A convincere i nostri partner europei, magari alzando la voce, che noi italiani siamo affidabili e non dei pagliacci di cui loro possono fare strame. Contrattaccare e dar loro calci negli stinchi, certo. Ma bisogna saperlo fare e avere gli uomini adatti, i fuoriclasse. Come nell’Italia Mundial del 1982, quando i tedeschi li cucinammo al ragù. Con i fuoriclasse che indossavano la maglia azzurra, e laddove di fuoriclasse nei nostri partiti di oggi non c’è neppure l’ombra.