La strategia di Confindustria
Squinzi a braccetto con la Camusso per non perdere i soldi alle imprese
Il dente avvelenato di Confindustria con Mario Monti (ma forse bisognerebbe dire "con lo Stato") nasce da lontano e nasconde una sottile contraddizione. L'erario ha un debito da 70 miliardi nei confronti delle imprese. Se dovesse pagare nel giro di pochi mesi quel debito, sarebbe bancarotta. Da qui una prima, motivatissima, fonte di rabbia. C'è poi, e qui si entra nel merito del giudizio duro dell'attuale presidente degli industriali Giorgio Squinzi (stranamente, ma nemmeno troppo, a braccetto con la cgiellina Susanna Camusso), il capitolo governo tecnico: poco o nulla è stato fatto per la crescita e per la ricerca, in un periodo in cui un'azienda cresce qualitativamente (investendo) o muore. E invece, per ora, si sono visti solo tagli e una riforma del lavoro, che a suo tempo il ministro del Welfare Elsa Fornero aveva definito epocale, che invece concede ben meno di quanto necessario in tema di flessibilità, soprattutto in uscita. Insomma, gli imprenditori si trovano con le mani legate (dal governo) proprio mentre la crisi li prende a pugni in faccia. Picconata politica - Riassumendo: competitività calante, pressione fiscale reale intorno al 60% (mazzata Imu compresa), riforme azzoppate, tagli ulteriori in arrivo. Ecco, proprio i tagli sono la grande preoccupazione degli industriali. Perché dei 35 miliardi destinati ogni anno alle imprese solo 4,5 arrivano materialmente agli imprenditori privati e il grosso rimanente va alle municipalizzate e parastatali. Il brivido di Squinzi (e di Emma Marcegaglia) è che si userà ancora la mannaia si assottiglieranno quei 4,5 miliardi, unica fonte di ossigento per le aziende. L'attacco di Squinzi si presta a una retrolettura: i toni duri su Monti, la bocciatura sull'operato attuale e sulle prospettive prossime ("Il governo tecnico non è il nostro futuro") nasconderebbero la prefedenza degli industriali per un esecutivo politico, più facile da condizionare. E la prova indiretta sarebbe la critica mossa a Squinzi dal suo predecessore in via dell'Astronomia Luca Cordero di Montezemolo. "Le sue parole fanno male al Paese e a Confindustria", ha detto Montzemolo. Forse perché proprio il Ferrarista, insieme all'amico Pierferdinando Casini, è uno dei maggiori sostenitori di Monti oggi e domani, dopo il 2013.