Giustiziati

Vent'anni per una causaE lo Stato non paga i danni

Eliana Giusto

    Prosegue la campagna di Libero sui «giustiziati», cittadini che  si sono trovati con la vita stravolta a causa di lungaggini burocratiche e bizantinismi della giustizia italiana. In redazione sono pervenute decine di storie. Tra quelle pubblicate oggi, la vicenda di una causa di successione durata vent’anni: la Corte d’Appello di Trento riconosce i danni per la violazione del termine di ragionevole durata del processo e condanna il Ministero di Grazie e Giustizia al pagamento di 11.000 euro. Era l’aprile 2009; a oggi la somma non è stata ancora pagata. Poi c’è la vicenda di un signore licenziato dal suo lavoro di dirigente dell’Agenzia delle Entrate in quanto accusato di far parte di una società che non esiste. Attendiamo altre vostre storie.   Ho assistito alcuni clienti (tra cui un signore affetto da sindrome di Down) in una causa ereditaria. La stessa è iniziata avanti al tribunale di Padova nel 1990 e si è conclusa solo nel 2000 (cioè ben dieci anni dopo). La controparte impugnava la sentenza avanti alla Corte di Appello di Venezia con atto del 05/06/2001. La Corte depositava sentenza in data 08/09/2004. La controparte svolgeva ricorso per Cassazione in data 23/12/2004, che si concludeva con sentenza della Suprema Corte in data 12/03/2010.  Insomma: per la definizione di un banale processo ci volevano venti anni; ma siamo purtroppo nella «normalità» della nostra giustizia. Ciò che però appare ancora più assurdo è che la Corte d’Appello di Trento, da me investita per la richiesta di danni per la violazione del termine di ragionevole durata del processo, con decreto 20/04/2009 condannava il Ministero di Grazie e Giustizia al pagamento dell’importo di 11.000 euro per ogni parte.  Sono passati più di tre anni ma non c’è speranza di pagamento. L’Amministrazione della Giustizia in sede giurisdizionale è pessima e va a braccetto con l’amministrazione della Giustizia in sede amministrativa.  Esiste la legge che riconosce il danno per violazione del termine ragionevole del processo, ma solo sulla carta perché lo Stato non paga. Ci troviamo ancora una volta di fronte a una “coppia” eccellente: il danno e la beffa. Avv. Luigi Voccola