Gianluigi Paragone
Grecia al voto: può smascherare la finta Europa
Ammetto che il solo fatto di sapere che le elezioni in Grecia stanno facendo tremare i tecnocrati di Bruxelles e di Francoforte, mi fa godere. Umane debolezze, che ci volete fare... Ovviamente non sono così ingenuo da non pensare che nei cassetti dei banchieri e di qualche finto premier al loro traino non vi siano piani b, c, e pure d. L’Europa monetaria è il bingo ai danni dei disegni (politici: per esempio l’Europa delle macroaree, l’Europa dei Popoli…) troppo alti e democratici per realizzarsi. Così, visto che ormai il dado europeo era stato tratto, ne hanno approfittato per erigere un mondo parallelo, a uso e consumo di progetti elitari, affaristici, finanziari. Un mondo telecomandato dall’alto delle banche d’affari, dove solo pochi avrebbero potuto trarre beneficio. Un mondo dove la democrazia è un optional, come dimostra l’assoluta mancanza di condivisione delle scelte da parte di cittadini. Dal trattato di Maastricht all’euro, dalle carte di Lisbona alle decisioni su chi gestisce il fondo salva Stati: in nessuna di queste e altre fondamentali questioni il popolo si è potuto esprimere attraverso un referendum. Solo pochi sono stati i fortunati, e spesso – in questi pochi Stati – hanno vinto i contrari. Alla fine degli anni Novanta cominciò una euro-ubriacatura dove chi s’azzardava da difendere le monete nazionali e le politiche monetarie sovrane era definito pazzo, ignorante e disfattista. Eravamo a un passo dall’Eldorado europeo, dalla moneta comune per tutti, da un mercato forte e aperto a tutti dove far crescere le nostre aziende: potevamo rovinare tutto con le paturnie di pochi nostalgici? Certo che no.… Ebbene, da quando abbiamo in tasca l’euro i bilanci familiari sono più poveri, le aziende hanno perso competitività e i governi hanno accettato di sacrificare lo sviluppo e la modernità a favore dell’austerity e del rapporto pil/debito. Persino la promessa dell’Europa come portatrice di pace si è rivelata una colossale bugia: sono anni che è in corso una guerra economico-finanziaria, da cui scaturiscono sofferenze e persino morte. Ci sono fior di tabelle comparative che dimostrano come dalla fine degli anni Novanta in avanti, progressivamente, l’andamento dell’economia italiana si è indebolito a favore dell’economia tedesca, le cui aziende per decenni hanno mangiato la polvere delle nostre pmi. Prima dell’euro eravamo campioni assoluti nell’export, conquistavamo i mercati per qualità e creatività. Cosa è successo dopo: siamo diventati meno bravi, meno creativi? Perché il modello del “piccolo è bello e vincente” si è inceppato? Forse perché eravamo pericolosi, quindi da annientare o da comprare con quattro soldi. Potrei aggiungere che dal 1989 al 2000 (quindi in piena fase pre-euro) la bilancia dei pagamenti correnti della Germania segnava rosso per 126 miliardi. Dal 2001 al 2012 (quindi in piena fase euro, comprendendo anche l'attuale fase di crisi dei Paesi periferici) è balzata in positivo a quota 1.791 miliardi. E l'Italia? Prima dell'introduzione dell'euro aveva una bilancia dei pagamenti correnti positiva (53 miliardi) contro -388 accusati nel periodo successivo. Tutto questo per dire che di politico in questa Europa non c’è nulla. Del resto se ci fosse un’Europa politica, questa si potrebbe permettere il lusso di lasciare sguarnita la porta del Mediterraneo? Cioè di un’area strategica (da sempre culla di civiltà e di scambi commerciali), attualmente scenario di grandi cambiamenti e di delicate trasformazioni? L’Europa mediterranea (penisola Iberica, Italia, Grecia) è stata fatta morire. Nel Nord Africa l’assenza di una interlocuzione politica con l’Europa sta lasciando ampi margini di manovra ai paesi musulmani e ai loro partiti, tra cui Fratelli Musulmani. Di tutto questo non vi è traccia nelle discussioni tra leader politici, perché? Semplice, perché i premier europei sono troppo impegnati a tenere in vita il castello di carte voluto dai circuiti finanziari. Contro questa dimensione dell’Europa la disperazione dei greci coincide con una voglia di orgoglio nazionale e soprattutto di democrazia. Ecco perché i burattinai europei stanno temendo questo scatto d’orgoglio: una vittoria della sinistra comunista coinciderebbe con la prima vera crepa. Se i greci decideranno di avere più Grecia e meno Europa, significherà che l’Europa dovrà rivedere alcune cosette, tra cui la possibilità di battere moneta sovrana. Proprio per la delicatezza della partita e per la possibilità di un effetto domino, la mitica democrazia greca potrebbe essere ipnotizzata dalla moderna filosofia dell’euro. Del resto truccare le carte in Europa è prassi diffusa... di Gianluigi Paragone