Paura continua
La terra tremerà per anniScopri se vivi in zone a rischio
La prima, terribile, certezza, è che il pericolo non è passato. Anzi, il rischio rimane «alto» e la terra continuerà a tremare. Per mesi o forse anche anni, perché «siamo di fronte a una sequenza sismica lunga, che può durare nel tempo con sequenze di magnitudo confrontabili alla scossa principale». All’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia non nascondono la tragica verità. Il presidente Stefano Gresta e la sua squadra di esperti sismologi, tra mappe e grafici del “mostro”, dicono chiaro che le scosse non sono finite e non finiranno in tempi brevi. In Emilia, ma non solo, la gente deve sapere che l’incubo è ancora in agguato. E che il pericolo si senta è confermato dai 16mila questionari arrivati in un solo giorno al servizio www.haisentitoilterremoto.it, la piattaforma messa in campo dall’Ingv. «È lo stesso meccanismo sismico del 20 maggio», ha spiegato Gresta, «il processo cinematico è unico, non ci sono state attivazioni di faglie discordi». E come nella maggioranza dei terremoti, si tratta di scosse di magnitudo decrescente, ma «con momenti di recrudescenza». Dunque, a distanza di una settimana la replica devastante è figlia della prima scossa, mentre ad esempio lo sciame sismico segnalato di recente al confine tra Calabria e Basilicata non c’entra: «Tutto un altro fenomeno meno violento», taglia corto una ricercatrice. Non si escludono piccole scosse altrove, ma niente a che vedere con la furia che ha colpito la provincia di Modena e quella di Ferrara. Lì, adesso, il terrore è che si apra una nuova faglia, ma la seconda certezza che gli scienziati hanno in questo momento è che non vi è alcuna certezza. «Non è possibile stabilire l’esatta evoluzione nel tempo. Vanno analizzati i dati e ci metteremo qualche anno», spiegano all’Istituto, ente di ricerca con 570 dipendenti di ruolo e 270 precari che aspettano di essere regolarizzati. «I dati che abbiamo non autorizzano a pensare che si sia attivata la seconda faglia». All’Ingv tenderebbe a escludere tale evenienza. Di sicuro si sa che la sequenza sismica della pianura padana emiliana sta interessando un’area che si estende per oltre 50 chilometri parallelamente al fronte della catena appenninica e al fiume Po. La zona coinvolta coincide con una struttura geologica sepolta sotto la pianura padana. «Gli ultimi terremoti hanno mostrato che il fronte attivo si muove in maniera coerente raccorciando la zona in senso nord-sud, lungo faglie orientate in direzione est-ovest». L’attività sismica si è intensificata martedì mattina alle 9 con il forte terremoto di magnitudo (Richter) 5.8, seguito da numerose repliche di magnitudo superiore a 4. La parte interessata ha colpito il settore più occidentale del fronte già attivo, estendendolo per altri 10 chilometri verso ovest. La complessità geologica del fronte attivo, sepolto sotto pianura, ha determinato la frammentazione della struttura e l’occorrenza di 6 terremoti di magnitudo maggiore di 5 e molti più piccoli. Questa “frammentazione” ha evitato la rottura simultanea dell’intera struttura, che avrebbe potuto causare un evento sismico ancora più forte. Questa caratteristica è stata osservata in precedenti sequenze anche antiche, tra cui il terremoto di Ferrara del 1570, seguito da repliche per 9 mesi. Le immagini mostrate evidenziano poi estesi fenomeni di liquefazione e i vulcani di fango: segni lasciati dal sisma dovuti alla presenza, nel sottosuolo padano, di livelli sabbiosi saturi di acqua. di Brunella Bolloli